giovedì 31 dicembre 2009

SEMPRE A PROPOSITO DI DOMANDA DI RICOSTRUZIONE

Nonostante ciò che ho espresso fino ad oggi, e che non nego, almeno per spostare eventuali termini di prescrizione, e solamente per quello, forse è prudente, a coloro cui conviene, presentare la domanda di ricostruzione secondo il "modello Sullam".

Auguri a tutti per la terza volta
gaetano bellorio

mercoledì 30 dicembre 2009

CHIARIMENTI


Ringrazio l’avv. Sullam per la lettera chiara e realistica che ci ha inviato e nel contempo mi chiedo che cosa abbia indotto alcuni colleghi ad interpretare in modo distorto le indicazioni date.
Intanto è evidente che nessuno di noi ha delle certezze sulla via più giusta da intraprendere, cerchiamo tutti di confrontarci, ma soprattutto di non escludere alcuna possibilità che ci aiuti a migliorare la nostra assurda posizione. E’ ovvio che nessuno di noi vuole abbandonare il contenzioso in corso, che riguarda il riconoscimento integrale dei servizi pregressi, come previsto dalla Legge 124/99.
L’avv. Sullam è stato il primo a lottare per questo ed ha continuato la vertenza legale anche quando i sindacati hanno dichiarato che, per loro, la questione era chiusa: ha convinto la Cassazione a riproporre il problema alla Corte Costituzionale e preparato i ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e questa via verrà abbandonata solo se ci sarà un diniego anche dalla CEDU. Questa posizione è evidente anche da quello che abbiamo scritto sulla domanda di ricostruzione: “Senza recesso dalle eventuali controversie in corso in punto: esatta applicazione della legge 124/1999”.
Quindi non abbandoniamo proprio nessuno, apriamo un piccolo spiraglio nell’eventualità che il diritto previsto dalla Legge 124/99 venga cancellato anche dalla CEDU.
Quanto al riconoscimento dei servizi prestati nelle scuole, le disposizioni parlano sempre di servizi pre-ruolo a tempo determinato o di ruolo in carriera inferiore e quindi non sappiamo, in un eventuale contenzioso, se effettivamente il nostro servizio di ruolo nella stessa qualifica verrebbe ridotto. In materia di personale scolastico proveniente da altri comparti, l’unico precedente rispetto alla L.124/99 è costituito dalla L. 31/12/62 n. 1859 ( art. 19) che soppresse le Scuole di avviamento professionale e istituì la nuova Scuola Media unica. Il personale ATA, fornito dai Comuni alle soppresse scuole, transitò nei ruoli del personale statale con l’effettivo riconoscimento giuridico ed economico dell’intera anzianità prestata nella Scuola. E’ evidente che il riconoscimento del solo servizio scolastico, magari ridotto, è ingiusto e penalizzante, ma di fronte ad una eventuale chiusura negativa della nostra vertenza, anche in sede europea, (perchè a livello nazionale non c’è più nulla da sperare) che cosa ci resterebbe? Quanto alla prescrizione decennale, è vero che chi ha un ricorso in ballo lo ha per avere una giusta ricostruzione di carriera, ma la richiesta si basa su un diritto inserito in una Legge che è stata interpretata retroattivamente e che nei fatti è stato abrogato e nel contempo potrebbero prescriversi altri diritti inseriti in altre disposizioni di Legge a cui ci potremmo appellare. La domanda è una tutela in più, infatti, al momento non stiamo aprendo un nuovo contenzioso. Ricordo, poi, che in base alla C.M. 24/3/99 n. 78, la ricostruzione di carriera è alternativa alla temporizzazione, fermo restando, in ogni caso, il diritto al trattamento più favorevole, quindi penso che nessuno abbia nulla da perdere.
Un abbraccio a tutti.
Rosella Arditi

martedì 29 dicembre 2009

PRODURLA O NON PRODURLA ?

ATA EX ENTI LOCALI
DOMANDA DI RICOSTRUZIONE DI CARRIERA
PRODURLA O NON PRODURLA?


Da qualche giorno sul nostro blog e su “angolo ata” gira l’invito a produrre domanda di ricostruzione di carriera al Dirigente Scolastico entro il 31.12.2009: termine oltre il quale la domanda stessa cadrebbe in prescrizione.

Mi permetto alcune precisazioni che non mi sembrano sufficientemente chiare nell’invito dai toni fin troppo pressanti.

A chi conviene?
Solo a coloro che, col meccanismo delle ricostruzioni di carriera, come esposto dall’avv. Sullam (con un piccolo errore perché i primi anni riconosciuti per intero sono 4 e non 3) potrebbero godere di un’anzianità maggiore rispetto a quella riconosciuta col meccanismo della “temporizzazione”.
Quindi, ognuno faccia i suoi bei conti, poiché c’è il rischio che tale domanda sia ancor più penalizzante della “temporizzazione”.

Esempio:
anzianità presso l’ente locale al 31.12.99 (di servizi svolti esclusivamente in istituzioni scolastiche statali poiché il servizio prestato negli uffici dell’ente locale non conta) di anni 25
calcolo anzianità ai fini della progressione di carriera:
i primi 4 vengono riconosciuti interamente, quindi anni 4
i rimanenti anni (21) vengono calcolati per i 2/3 14
totale 18

(l’1/3 rimanente vale solo ai fini economici e non per la progressione)

A quanti anni ammonta l’anzianità riconosciuta con la “temporizzazione”?
Se ammonta ad un numero di anni inferiore a 18 vale la pena presentare la domanda (ma anche qui ho molti dubbi di natura “politica” che esporrò più sotto) altrimenti NO, poiché chiederemmo una ricostruzione di carriera che ci penalizza più della “temporizzazione”.

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Fatta tale premessa che ritengo chiarificatrice (e non sufficientemente limpida nella posta elettronica che è girata in questi giorni) mi si permettano alcune considerazioni:
1) chiedere il riconoscimento dei soli servizi prestati esclusivamente nelle istituzioni scolastiche (pur dipendendo dall’ente locale) mi sembra diametralmente contrario alla linea di lotta e di condotta che abbiamo intrapreso da ormai dieci anni e dalla quale non abbiamo mai derogato
2) Ciò che abbiamo sempre chiesto con forza è il riconoscimento integrale, ai fini giuridici ed economici, di tutto il servizio svolto come dipendenti di Province e Comuni, così come prevede l’art. 8 della legge 124/99
3) mi sembra che ci si inchini al volere del Ministero (vedi la rilevazione dei servizi che il Ministero medesimo ha chiesto alle scuole nell’estate 2008)
4) mi sembra che abbandoniamo ad un destino ingrato tanti nostri colleghi che hanno svolto (prima di essere trasferiti in una scuola) anni di servizio negli uffici dell’ente locale. Costoro si ritrovano anni e anni di lavoro che contano meno di zero ai fini della ricostruzione di carriera
5) Tutta questa situazione mi sembra che ci porti allo sbando e divida ulteriormente la sotto categoria nella quale ci hanno confinato. (sotto categoria perché ormai nella scuola ci sono le più diversificate posizioni giuridico-economiche a parità di mansioni e anzianità:

1- gli statali da sempre;
2- gli ex enti locali che si dividono:
a) tra coloro che hanno avuto una sentenza passata in giudicato,
b)coloro che attendono il giudizio d’appello o di cassazione,
c) coloro che sono pacifici perché qualche Avvocatura dello Stato si è dimenticata di impugnare il ricorso perso,
d) coloro che stanno restituendo i soldi, chi in unica soluzione e chi a rate,
e) quelli che stanno attendendo di restituire i soldi,
f) coloro che ora producono domanda di ricostruzione di carriera,
g) quelli che non possono produrla,
h) quelli che non vogliono presentarla,
i) quelli che non hanno mai fatto ricorso e si sono tenuti la “temporizzazione” ministeriale,
l) i fortunati che con la “temporizzazione” hanno guadagnato qualche anno di anzianità anziché perderlo).
Un caos che solo una mente dia-bolica (=che divide) può concepire e realizzare.

E’ proprio vero che se non si produce questa domanda di ricostruzione entro il 31.12.2009 la medesima cade in prescrizione?
A me pare proprio di no. Coloro che hanno un ricorso in ballo, lo hanno esattamente per ottenere una giusta ricostruzione di carriera e i ricorsi non vanno in prescrizione: attendono semplicemente la sentenza del Giudice.

Se tutto quanto sopra esposto è esatto ognuno tragga le sue personali conclusioni, com’è suo diritto, e buon anno a tutti.

Gaetano Bellorio
gaetabel@tin.it

Verona, 29 dicembre 2009


domenica 27 dicembre 2009

NOTA MINISTERIALE 7640 DELL' 8 MAGGIO 2009

Ministero della pubblica istruzione Dipartimento per l’istruzione Direzione Generale per il personale scolastico Uff. V
prot. n.7640/Dgper Roma, 8 maggio 2008
Oggetto: personale ATA trasferito dagli enti locali (art 8 legge 124/99) – rilevazione servizi -La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) prevede, al comma 147, che in sede di rinnovo contrattuale del personale della scuola, relativo al biennio economico 2008/2009, sia “…esaminata anche la posizione giuridico-economica del personale ausiliario, tecnico e amministrativo trasferito dagli enti locali allo Stato in attuazione della legge 3 maggio 1999, n. 124.”.Come noto, per effetto del decreto ministeriale 5 aprile 2001, l’inquadramento di tale personale è stato effettuato in base al maturato economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento e non in funzione dell’anzianità di servizio conseguita nell’Ente locale.Pertanto, al solo fine di procedere alla valutazione degli elementi necessari per l’eventuale ridefinizione delle posizioni giuridiche ed economiche del personale in parola, secondo quanto previsto dall’articolo 66, comma 6, del CCNL 4/8/95, che continua a trovare applicazione per effetto dell’articolo 146 del vigente Contratto di comparto, si pregano le SS.LL. di adottare le necessarie iniziative affinché lo stesso personale, per il tramite dei dirigenti scolastici, sia invitato a produrre alle sedi di attuale titolarità o di servizio, la certificazione dell’Ente locale, relativa al servizio prestato nelle istituzioni scolastiche statali, sino al 31.12.99, alle dipendenze dei medesimi Enti.Con specifica nota tecnica, allegata alla presente, vengono fornite le indicazioni operative necessarie per la trasmissione al Sistema informativo dei dati comunicati.Nel ribadire, ancora, che la presente rilevazione ha il solo scopo della verifica degli effetti dell’eventuale inquadramento in ruolo secondo la normativa innanzi richiamata, si fa presente che, limitatamente ai servizi di ruolo, i dati da trasmettere possono essere accorpati nella misura massima possibile, al fine dello snellimento delle procedure di trasmissione al SIDI.Nel precisare, inoltre, che la rilevazione in parola dovrà essere sollecitamente definita da questo Ministero, si evidenzia la necessità che il personale in questione sia invitato a produrre la propria certificazione entro il 30 maggio p.v. affinché le stesse istituzioni scolastiche, dopo la verifica degli atti, a cura del dirigente scolastico, possano concludere la trasmissione al Sistema informativo non oltre il 6 giugno successivo.Si evidenzia, da ultimo, che nell’ipotesi in cui le attestazioni dei servizi siano già in possesso dell’istituzione scolastica, in quanto depositate nel fascicolo personale, resta fermo l’onere a cura dell’interessato della esibizione della certificazione valutabile e della scheda allegato 1, di cui alla nota operativa. Limitatamente al servizio militare, può far fede la sola dichiarazione personale, contenuta nella citata scheda.Si ringrazia.

IL DIRETTORE GENERALE f.to Luciano Chiappetta

DOMANDA RICOSTRUZIONE DI CARRIERA

Al DIRIGENTE SCOLASTICO
................................................................
................................................................


Il/La sottoscritto/a .................................................., nato/a ............................... il ............................. in servizio presso codesta Istituzione Scolastica con la qualifica di .................................., transitato/a dai ruoli del personale del/della Provincia/Comune di ........................ ai ruoli del personale del Ministero dell’Istruzione con decorrenza giuridica ed economica dall’1/1/2000, ai sensi dell’art. 8 della L. 124/99,
VISTO il decreto con il quale è stato disposto l’inquadramento economico, in via provvisoria, del/della sottoscritta, in base all’Accordo sindacale del 20/7/2000, recepito dal D.M. 5/4/2001,

C H I E DE

a codesta Dirigenza che venga emesso il provvedimento definitivo di ricostruzione della carriera, secondo le disposizioni di legge e contrattuali e le posizioni stipendiali del CCNL scuola, con decorrenza 01/01/2000, con il riconoscimento ai fini giuridici ed economici di tutti i servizi prestati di ruolo e non di ruolo presso le Scuole Statali fino al 31/12/99.
A tal fine dichiara di aver prestato i seguenti servizi, peraltro già comunicati nel 2008 a seguito della “Rilevazione Servizi del personale ATA trasferito dagli Enti Locali” disposta con lettera prot. 7640/Dgper dell’8 maggio 2008 del Direttore Generale Dr. Luciano Chiappetta:
♦ SERVIZI SCOLASTICI:
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................

♦ SERVIZIO MILITARE (legge 24/12/86 n. 958 e legge 30/12/91):
dal ................. al ................. presso ....................................................................
dal ................. al ................. presso ....................................................................


Senza recesso dalle eventuali controversie in corso in punto: esatta applicazione della legge 124/1999.



Data_____________________


Firma ___________________________

AVVOCATO ISACCO SULLAM

AVVOCATO ISACCO SULLAM


AL PERSONALE ATA EX EE.LL.

Siete ormai a conoscenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 311/2009, che ha ritenuto che il “famigerato” comma 218 della L. 266/2005, con cui il governo “interpretava” l’art. 8, c. 2 della L. 124 a proprio vantaggio, non viola l’art. 117, c. 1 della Costituzione e l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

A mio parere la sentenza è fortemente criticabile, perché contraria alla prevalente giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, che afferma che l’art. 6 della Convenzione non consente allo Stato, di emanare leggi “interpretative-retroattive” per ottenere delle sentenze favorevoli nei processi in cui l’amministrazione statale sia parte in causa.

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha infatti affermato che questo comportamento degli Stati viola il principio dell’equo processo e della parità delle armi nel processo: proprio come è successo al personale ATA ex EE.LL.

Attualmente, molti di Voi hanno ancora in corso delle cause contro il MIUR per il riconoscimento dell’anzianità maturata alle dipendenze degli Enti Locali: alcune in primo grado, altre avanti la Corte d’Appello, altre ancora avanti la Corte di Cassazione. E’ prevedibile che i giudici depositeranno sentenze negative.

Altri lavoratori, da me assistiti, hanno invece avuto una sentenza definitiva della Cassazione, che è stata negativa, e si sono rivolti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per far accertare che lo Stato italiano ha violato l’art. 6 della Convenzione Europea.

Questi processi sono attualmente in corso: la Corte Europea ha invitato lo Stato a depositare le proprie osservazioni. Preciso che la Corte Europea potrebbe decidere in modo diverso dalla Corte Costituzione italiana emettendo una sentenza favorevole al personale ATA, i cui diritti sono stati lesi da una legge “interpretativa – retroattiva”.

Ciò detto, fermi restando tutti i giudizi in corso per il riconoscimento di tutta l’anzianità da Voi maturata fino al 31/12/1999 alle dipendenze degli Enti Locali, Vi faccio presente che l’art. 66, c. 6, del CCNL Scuola del 4/8/1995, confermato dall’art. 142, comma 1, lettera g) del CCNL 24/7/2003, modificato dall’accordo 2/2/05, consente ai dipendenti inseriti nel ruolo del personale ATA di chiedere la ricostruzione della carriera, ai fini del riconoscimento dell’anzianità maturata prima del passaggio alle dipendenze del MIUR.

L’anzianità viene riconosciuta per il servizio prestato presso le istituzioni scolastiche, nella seguente misura:

- per l’intero per i primi quattro anni;
- per i due terzi per il periodo superiore a quattro anni.

Ribadisco, per maggior chiarezza, che non viene riconosciuta tutta l’anzianità maturata presso l’Ente Locale, ma solo quella relativa ai periodi di adibizione al lavoro presso gli istituti scolastici.

Se la ricostruzione della carriera, con l’anzianità calcolata come sopra, consente il riconoscimento di un’anzianità superiore a quella “fittizia” riconosciuta con il metodo della “temporizzazione” con i decreti individuali di inquadramento del 2001 o 2002, il MIUR dovrà riconoscere la posizione stipendiale più favorevole.

Ho pertanto elaborato la domanda di “ricostruzione di carriera” che Vi allego, che dovete depositare entro e non oltre il 31 dicembre 2009 presso il Vostro Istituto Scolastico.

Nel caso siate già andati in pensione, richiedete lo stesso la ricostruzione di carriera, depositando la domanda presso l’ultimo Istituto Scolastico presso il quale avete lavorato e presso l’Ufficio Scolastico Provinciale.

Vi faccio presente che i dati da inserire nella domanda sono gli stessi di quelli già raccolti dai Vostri Dirigenti Scolastici, in occasione del “censimento del personale ATA ex EE.LL.” effettuato nel 2008 su ordine del MIUR, con la delibera che pure Vi allego.

Sono dunque facilmente reperibili, perché già posseduti dalle scuole.

La domanda di ricostruzione della carriera, come potrete leggere, è fatta “fermo restando il diritto all’esatta applicazione della L. 124/1999”.

Sperando che il 2010 sia più favorevole dell’anno trascorso per l’affermazione dei Vostri diritti, Vi invito ad organizzarVi ed unirVi per proseguire questa lunga battaglia.

Cordiali saluti.



Avv. Isacco Sullam



mercoledì 23 dicembre 2009

DA ROSSELLA ARDITI

La domanda di ricostruzione di carriera serve per interrompere i termini della prescrizione decennale del nostro diritto ad avere riconosciuto almeno il servizio prestato nelle scuole statali. Per ora la presentiamo in attesa che anche la Cassazione si pronunci, ma soprattutto in attesa che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si esprima sulla nostra incredibile vicenda di diritti calpestati da chi ci dovrebbe tutelare e rappresentare. Io infatti non ho alcuna fiducia nella trattativa che ormai i confederali non fingono nemmeno più di portare avanti. Non si parla più di noi, il silenzio è un'arma formidabile per annientare le persone più caparbie e per distruggerle psicologicamente. Ma noi riprenderemo tutto da capo, ci appelleremo ad altre disposizioni di legge e al principio costituzionale che a parità e quantità di lavoro svolto dai lavoratori deve corrispondere pari retribuzione, perchè noi abbiamo svolto il nostro lavoro non al servizio degli Enti Locali, ma delle scuole, degli studenti, delle famiglie, dei docenti e, che gli piaccia o no, del Ministero della Pubblica Istruzione. Lo abbiamo fatto addirittura in situazione svantaggiata rispetto ai nostri colleghi statali, in carenza di organico e in condizioni ambigue:il nostro status era di personale scolastico o degli Enti a secondo di come faceva comodo ai nostri duplici padroni che al momento giusto ci hanno dato un calcio nel sedere. No, non molleremo, non solo perchè non è giusto, ma anche per dimostrare di avere un minimo di dignità personale.Un abbraccio a tutti.Rosella Arditi.

martedì 22 dicembre 2009

AUGURI

DAL BLOG

http://blog.libero.it/entilocali/

AUGURI
Post n°647 pubblicato il 22 Dicembre 2009 da exentilocali

salve rosella sono un collab. scol.della prov. di CI,è grazie a voi del blog è soppratutto a te è alla tua caparbietà che ancora riesco ad avere informazioni utili della nostra situazione anche a me stanno recuperando il non dovuto ma non mollo fino a quando avrò riconosciuto il nostro diritto purtroppo qui le informazioni arrivanno solo attraverso il blog e di conseguenza come nel mio caso che sono rimasto da solo poichè tutti i colleghi che erano nella stessa barca si sono allontanati quasi a voller esorcizare una sorta di contaggio,non riesco più ad avere il termometro della situazione per poter inviare eventuali idee.Comunque volevo chiedere dopo aver presentato la domanda x la ricostruzione cosa bisogna fare?io stò eventualmente procedendo a distribuire le copie delle domande a quanti posso.Ti auguro comunque un in bocca al lupo per la molle di lavoro che stai svolgendo x tutti è un augurio particolare di buone feste a te e a tutte le persone che ci credono ancora Paolo

domenica 20 dicembre 2009

VERBALE ASSEMBLEA TENUTASI A COSENZA

enzo
Invio verbale dell'assemblea tenutasi presso la sala riunioni Arbitri - A.I.A. della F.I.G.C. , di Cosenza il giorno 18-12-2009 alle ore 16,00 da parte dei lavoratori ex EE. LL. della provincia di Cosenza .Colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente il mio amico e Presidente sezionale sig. Franco Scarcelli, per la gentile concessione della loro sala riunioni, che ci ha permesso di tenere questo importante incontro.
Rosario Altomare
Il giorno 18 del mese di dicembre dell’anno 2009, alle ore 16,00, in Cosenza presso i locali della sezione AIA dello stadio San Vito, si è riunito il coordinamento provinciale ATA ex enti locali per discutere e organizzare forme di protesta per la risoluzione della annosa questione che li vede soccombere rispetto ai diritti sanciti dall’art. 8 legge 124/1999.
Nonostante le difficoltà climatiche e quelle correlate alla viabilità autostradale sono intervenuti anche colleghi di Vibo Valentia.
Alla riunione sono presenti numerose di cui esiste elenco allegato.
Dopo ampia discussione in cui sono intervenuti: Rosario Altomare, Gaetano Lamanna, Gino Tempestoso, Franco Mazza, Luigi Calvoso, Franco Grandinetti, si è unanimemente deciso di attivarsi per la formazione di una rete di contatti tra dipendenti ATA ex enti locali anche finalizzata all’allargamento delle rete stessa a livello nazionale per organizzare opportune forme di lotta e manifestazione al fine di vedersi riconosciuti i diritti sanciti dalla originaria normativa di trasferimento e poi ignorati, con vicende a tutti note di cui ultima la sentenza n. 311/2009 della Corte Costituzionale che eludendo il vero quesito formulato in relazione all’art. 117 della Costituzione e dell’art. 6 della convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo, dichiara infondate le questioni di legittimità formulate e nega il riconoscimento dei nostri diritti.
Su proposta di Gino Tempestoso si è convenuto di quantificare i tempi di costituzione della rete, per evitare le prevedibili dispersioni in caso di un lungo protrarsi dei tempi stessi, a due mesi dalla data odierna.
E’ nominato, anche in considerazione delle dimostrate capacità organizzative che hanno dato vita alla odierna riunione, con approvazione unanime a referente della rete il Sig. Rosario Altomare quale coordinatore e punto di riferimento per gli aggiornamenti sugli sviluppi della organizzazione.
Segue accorato appello a tutti i presenti affinché si facciano portavoce dell’avvenuta nomina del referente a cui comunicare ogni sviluppo dell’azione intrapresa.
La riunione è riconvocata per il 18 gennaio in luogo e data da stabilire per le iniziative di prosecuzione dell’azione di lotta e riconoscimento dei diritti spettanti e negati ai dipendenti transitati dagli enti locali.
Alle ore 17,40 la riunione è tolta.
F.to Rosario Altomare, Gaetano Lamanna, Gino Tempestoso, Franco Mazza, Luigi Calvoso, Franco Grandinetti

sabato 19 dicembre 2009

NOTA DELL'UFFICIO LEGALE SNALS

Post n°642 pubblicato il 19 Dicembre 2009 da exentilocali

nota dall'ufficio legale dello snals tratta dal sito www.snals.it

In riferimento alla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 311 del 26/11/2009 che si è pronunciata ritenendo nuovamente legittimo l'art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 23/12/2005, trascriviamo lo stralcio del comunicato dell'Ufficio Legale Centrale, diffuso con nota prot. 640 dell’11/12/09 a firma del Segretario Generale della CONFSAL prof. Marco Paolo Nigi.In buona sostanza, la Corte Costituzionale richiamando un orientamento interpretativo della Corte Europea dei diritti dell'uomo ha rilevato che, sebbene in linea di principio, al legislatore non è precluso intervenire in materia civile, con nuove disposizioni retroattive su diritti sorti in base alle leggi vigenti, il principio dello stato di diritto e la nozione di processo equo sancito dall'art. 6 della CEDU vietano l'interferenza del Legislatore nell'amministrazione della giustizia destinata ad influenzare l'esito della controversia, fatta eccezione che per “motivi imperativi di interesse generale”.In ragione di ciò, la Corte ha chiarito che si configura certamente illegittima la prassi di interventi legislativi sopravvenuti che modifichino retroattivamente in senso sfavorevole per gli interessati le disposizioni di legge attributive di diritti, la cui lesione abbia dato luogo ad azioni giudiziarie ancora pendenti all'epoca della modifica.Il punto focale è dato, infatti, dalla valutazione della sussistenza o meno dei “motivi imperativi di interesse generale” che solo legittimano l'intervento con efficacia retroattiva del legislatore in materia civile.Al riguardo, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 311 in commento, ha richiamato tra i casi più eclatanti quello che giustamente era stato fatto rientrare dalla Corte Europea tra i suddetti motivi imperativi, e cioè il caso della riunificazione tedesca; ovviamente, trattandosi di una situazione in cui si era verificato lo stravolgimento radicale di un ordinamento, ben poteva configurarsi l'emanazione di leggi retroattive che andavano ad incidere su diritti quesiti.Situazione completamente diversa, e non minimamente raffrontabile con l'ipotesi anzidetta, a quanto si è verificato invece nel nostro ordinamento con il personale ATA trasferito dagli Enti locali allo Stato, i quali si sono visti privati del riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio, in realtà, per ragioni di mera cassa”.La questione, però, non può considerarsi ancora definitivamente chiusa.Infatti, sono pendenti dinanzi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, numerosi ricorsi, non ancora decisi, con i quali si è chiesto alla Corte di accertare se vi sia stata violazione da parte dello Stato italiano dell'ARt. 6 della CEDU.Pertanto, fino a quando non si sarà pronunciata anche la Corte Europea dei diritti dell'uomo che deve considerarsi il giudice naturale competente a giudicare in via principale (e non in via incidentale come invece si è pronunciata la Corte costituzionale) si consiglia di continuare i giudizi in corso, deducendo che la questione è pendente dinanzi alla Corte Europea ed invitando il giudice di merito a sospendere il giudizio sino alla decisione in sede europea ed, in caso di rifiuto, si suggerisce di impugnare la sentenza sfavorevole dinanzi al giudice superiore. Se invece il giudizio è definito dalla Suprema Corte di Cassazione, non rimane altro che impugnare la sentenza, entro 6 mesi dal deposito della stessa, dinanzi la Corte europea.A riguardo si evidenzia che:- con l'Azione Legale n. 2, promossa dall'Ufficio Legale Centrale, era stato avviato il contenzioso per il riconoscimento dell'intera anzianità maturata nell’Ente Locale di provenienza al personale transitato dagli EE.LL. allo Stato e, fino a quando non si sarà pronunciata anche la Corte Europea dei diritti dell'uomo, l'Ufficio Legale Centrale consiglia di continuare i giudizi in corso;- numerose sentenze favorevoli avevano riconosciuto il suddetto diritto;- con l'art. 1, comma 218, alla legge n. 266 del 23/12/2005 è stata data interpretazione all'art. 8 della legge n. 124/99 nel senso che l'inquadramento economico del personale ATA transitato è da effettuarsi con il maturato economico e non in base all'anzianità maturata nell'Ente Locale di provenienza.


venerdì 18 dicembre 2009

AVVISO

INVITO I COLLEGHI DELLA PROVINCIA DI CAMPOBASSO A PRENDERE IN SERIA CONSIDERAZIONE L'IPOTESI DI PRESENTARE LA DOMANDA DI RICOSTRUZIONE DI CARRIERA ENTRO IL 31.12.2009 AL FINE DI EVITARE UNA EVENTUALE PRESCRIZIONE.
A MIO PARERE SAREBBE OPPORTUNO RIUNIRCI IN ASSEMBLEA PRIMA DEL 31.12.2009 PER DISCUTERE DELLA QUESTIONE.
SOLLECITO TUTTI I COLLEGHI AD ESSERE PIU' ATTIVI NELL'AFFRONTARE LE PROBLEMATICHE CHE CI RIGUARDANO E A PARTECIPARE AD EVENTUALI MANIFESTAZIONI DECISE DAL COORDINAMENTO NAZIONALE.
BUONE FESTE. ROBERTO DE CRISTOFARO.

P.S. SIETE PREGATI DI INVIARMI UNA MAIL DI RISCONTRO AL SEGUENTE INDIRIZZO
rosteda@libero.it

S-VENTURATI

DAL BLOG
http://blog.libero.it/entilocali/

Post n°636 pubblicato il 16 Dicembre 2009 da exentilocali

Cari colleghi di sventura,mi convinco sempre più della necessità di avanzare domanda di ricostruzione di carriera alla mia scuola entro il 31/12/2009; anzi la sto preparando.Un ulteriore contributo a questo mio convincimento, oltre a quello che ho scritto nel “quesito”, mi viene dal post n. 625 della collega Rosella Arditi.Fra i riferimenti documentali che lei cita non sono riuscito a trovare la sentenza del Consiglio di Stato del 17/11/2000 ma ho letto attentamente la nota del MIUR prot. n.7640 del 8/5/08 (è quella famosa del monitoraggio) e, come dice la collega, lo stesso Ministero “ammette candidamente” il diritto alla ricostruzione quando scrive di voler “procedere alla valutazione degli elementi necessari per l’eventuale ridefinizione delle posizioni giuridiche ed economiche del personale in parola, secondo quanto previsto dall’art. 66, comma 6, del CCNL 4/8/95, che continua a trovare applicazione per effetto dell’art. 146 del vigente Contratto di comparto”. Prego di soffermare l’attenzione su quell’EVENTUALE e sul CONTINUA A TROVARE APPLICAZIONE. Signori miei, eventuale perché? Perché se ne attende richiesta da parte dei sindacati o perché il diritto discende da una richiesta formale da produrre entro il decennio dall’assunzione nei ruoli statali? E siamo agli sgoccioli! Continua a trovare applicazione. Ma allora è veramente un diritto che si attiva solo a domanda! Ancora una cosa vorrei dire: amici, noi abbiamo prestato servizio presso scuole statali e non presso scuole di Enti Locali! Quindi il servizio va tutto riconosciuto, sempre a domanda. La progressione economica fatta finora (oggetto del contendere) scaturisce dalla temporizzazione applicata al momento del passaggio per garantire a tutti lo stipendio in godimento come sempre sostenuti dai sindacati e dall’ARAN.Pertanto mi associo all’invito rivolto a tutti dalla collega Arditi a produrre istanza riconoscimento dei servizi pre-ruolo Stato e di ricostruzione della carriera entro il 31/12/09.Non diamo ulteriore alibi all’Amministrazione che intende fare cassa a danno degli aventi diritto, facendo leva sulla loro “ignoranza” delle norme e sulla ingenua pretesa che tutto è dovuto ex se.
Lecce, 16/12/09
Cordiali saluti.Antonio Mighali

MODELLO RICOSTRUZIONE DI CARRIERA

Modello di ricostruzione carriera lievemente modificato dall'avv. Sullam.
Rosella





Al DIRIGENTE SCOLASTICO
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................................................................


Il/La sottoscritto/a .................................................., nato/a ............................... il ............................. in servizio presso codesta Istituzione Scolastica con la qualifica di .................................., transitato/a dai ruoli del personale del/della Provincia/Comune di ........................ ai ruoli del personale del Ministero dell’Istruzione con decorrenza giuridica ed economica dall’1/1/2000, ai sensi dell’art. 8 della L. 124/99,
VISTO il decreto con il quale è stato disposto l’inquadramento economico, in via provvisoria, del/della sottoscritta, in base all’Accordo sindacale del 20/7/2000, recepito dal D.M. 5/4/2001,

C H I E DE

a codesta Dirigenza che venga emesso il provvedimento definitivo di ricostruzione della carriera, secondo le disposizioni di legge e contrattuali e le posizioni stipendiali del CCNL scuola, con decorrenza 01/01/2000, con il riconoscimento ai fini giuridici ed economici di tutti i servizi prestati di ruolo e non di ruolo presso le Scuole Statali fino al 31/12/99.
A tal fine dichiara di aver prestato i seguenti servizi, peraltro già comunicati nel 2008 a seguito della “Rilevazione Servizi del personale ATA trasferito dagli Enti Locali” disposta con lettera prot. 7640/Dgper dell’8 maggio 2008 del Direttore Generale Dr. Luciano Chiappetta:
♦ SERVIZI SCOLASTICI:
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................
dal ................. al ................. presso ................................. qualifica ...................................

♦ SERVIZIO MILITARE (legge 24/12/86 n. 958 e legge 30/12/91):
dal ................. al ................. presso ....................................................................
dal ................. al ................. presso ....................................................................


Senza recesso dalle eventuali controversie in corso in punto: esatta applicazione della legge 124/1999.
_________________, _________________

giovedì 17 dicembre 2009

ULTERIORI CHIARIMENTI

Vorrei fare un po´ di chiarezza sulle ultime cose che ho letto sui blog. E´ evidente che se la Corte Europea dovesse darci ragione, ripristinando i diritti contenuti nella Legge 124/99 (cioè il riconoscimento di tutto il servizio prestato nell´Ente di provenienza), non servirebbe a nulla presentare una nuova domanda di ricostruzione di carriera. La nuova domanda servirebbe, eventualmente, per riaprire il contenzioso, facendo riferimento alle disposizioni normative e contrattuali che tengono in considerazione il solo servizio prestato nelle scuole statali (che ovviamente escluderebbero la parte che riguarda i servizi prestati nell´Ente e quindi non tutelerebbe tutti). Il Consiglio di Stato, in una sentenza relativa all´argomento si è così espresso: "...La circostanza che il servizio in questione sia stato espletato alle dipendenze di un Ente pubblico diverso dallo Stato non è stata, pertanto, ritenuta rilevante, non essendo prevista dall'ampia dizione della norma alcuna ipotesi di esclusione della valutabilità del servizio (purché prestato in una scuola o istituzione educativa statale) in ragione della natura e del tipo di servizio prestato ovvero della dipendenza (strutturale ed economica) da enti pubblici diversi dallo Stato." . Quindi i DSGA che dicono che non ci spetta neanche questo tipo di ricostruzione di carriera danno un´interpretazione al di sopra della Legge, del giudizio del Consiglio di Stato e di ciò che ha ammesso anche il Ministero con la Nota 7640 dell´8/5/08. Detto questo, mi sembra di buon senso che chi non ha ancora fatto nulla, o chi sta restituendo i soldi, non ha nulla da perdere nel presentare la domanda, indipendentemente da ciò che dicono i DSGA . Con l´avv. Sullam abbiamo predisposto un modello che allego.
Quanto alle risorse necessarie per sanare la nostra situazione e "all´invarianza di spesa" a cui si appligliano Ministero e Corte Costituzionale (il famoso "costo zero" invocato anche dei sindacati), nei ricorsi preparati dall´avv. Sullam e dai Cobas si è sempre sottolineata la decurtazione del salario accessorio (produttività collettiva molto più consistente, buoni pasto, abbigliamento collaboratori scolastici, indennità di turno e rischio...) che avrebbe dovuto essere tenuto in considerazione nel trasferimento delle risorse dagli EE.LL. allo Stato. Il legislatore non aveva previsto alcuna copertura finanziaria semplicemente perché non era necessaria. Il trasferimento graduale dei dipendenti ATA dagli enti locali allo Stato si "auto-finanziava". Il trasferimento delle risorse (L. 124/99, art. 8, comma 5) doveva essere in "misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti". Il nostro salario accessorio avrebbe dovuto essere trasferito insieme alle somme relative alla retribuzione tabellare, invece è servito ad incrementare le risorse destinate ai dipendenti rimasti negli EE.LL. con la creazione di nuove posizioni organizzative, premi ecc. Una bella manovra "concertativa", che ha finanziato il rinnovo del contratto EE.LL. "a costo zero" facendo risparmiare l´allora governo amico di centro-sinistra, sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie. Durante il colloquio che ho avuto il 23 maggio 2008 con i funzionari del Ministero della Direzione del Personale, gli stessi si sono dimostrati coscienti di questo "furto", sponsorizzato dai sindacati, ma ormai non si può più tornare indietro. Nei ricorsi presentati da Confederali e SNAL questa schifezza non è mai emersa: si metteva in evidenza soltanto l´anzianità "vantata", tent´è che dopo le sentenze negative del 2008 la loro vertenza legale è stata dichiarata chiusa: "Non si è trattato di una vicenda assimilabile a sostanziale diminuzione di una situazione patrimoniale già acquisita in precedenza, visto che la legge interpretativa garantisce in ogni caso i livelli retributivi già raggiunti". E la mancata applicazione del comma 146 della finanziaria per il 2008? Si sono tranquillamente firmati il rinnovo contrattuale 2008/09 senza darci alcuna informazione, senza supportarci in alcuna forma di protesta. Ed ora, a distanza di 10 anni di bugie, di ripetuti tradimenti, come pensate possa arrivare da queste persone una soluzione ai nostri problemi?


Rosella Arditi

Per chi volesse avere la sentenza del Consiglio di Stato o altra documentazione lascio il mio recapito di posta elettronica: rosellarditi@gmail.com

CALABRIA ORA


GAZZETTA DEL SUD


COMMA 218

AL FINE DI FORNIRE UN CONTRIBUTO PER FARE CHIAREZZA SI RIPORTA IL COMMA 218 DI INTERPRETAZIONE DEL COMMA 2 ARTICOLO 8 DELLA LEGGE 124/99. PURTROPPO NON SI EVIDENZIA L'INCLUSIONE DEI COMPENSI ACCESSORI.
LE INDENNITA' PREVISTE POTREBBE ESSERRE L'INDENNITA' DI RISCHIO PER GLI OPERATORI CED, O ALTRE INDENNITA' DI CARATTERE CONTINUATIVO.

LEGGE FINANZIARIA 2006
218. Il comma 2 dell’articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, con l’attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità nonchè da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell’inquadramento. L’eventuale differenza tra l’importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. È fatta salva l’esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge.
Roberto De Cristofaro.

ULTERIORI CHIARIMENTI DA TRIESTE

Come richiesto cercherò di presentare, in modo chiaro e semplice, quanto abbiamo riscontrato relativamente ai conteggi fatti dall’Ufficio Scolastico Provinciale (USP) di Trieste.
In un primo momento la nostra attenzione era focalizzata sulle rilevanti somme da restituire e su come ottenere una dilazione, che come ben saprà, non ci è stata concessa. Abbiamo anche tentato di farci erogare un prestito dall’INPDAP ma ci è stato negato perché abbiamo già in essere una trattenuta del quinto dello stipendio. A questo punto abbiamo cominciato ad esaminare il decreto dell’Ufficio Scolastico Provinciale perché ci sembrava impossibile che tra l’Ente Locale di Provenienza ed il MIUR ci fosse così tanta differenza tra una retribuzione e l’altra. Lo stipendio della Provincia di Trieste non era un “sussidio assistenziale” ed il passaggio ci portava nel comparto scuola dove le retribuzioni non sono “manageriali” pertanto abbiamo cominciato ad analizzare il decreto.
Per prima cosa abbiamo esaminato il documento rilasciato dalla Provincia di Trieste che certificava la retribuzione di mio marito al 31/12/1999 che si componeva delle seguenti voci tutte pensionabili e rientranti nel TFS (non riporterò la voce Indennità Integrativa Speciale euro 6912,99 perché è stata attribuita d’ufficio dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in modo corretto):

aumento contrattuale………………….euro 1.115,55
livello economico differenziato…........euro 447,60
retribuzione individuale di anzianità…euro 500,79
stipendio base…………………………euro 8.145,04
tredicesima…………………………….euro 771,72
art. 34-35-36 CCNL…………………...euro 294,38
produttività……………………………..euro 634,64
straordinario……………………………euro 367,37
Totale……………………....euro 12.277,09

Seconda cosa abbiamo esaminato la sentenza persa in appello che così recita: “ ….Il comma 2 dell’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, con l’attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità nonché da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell’inquadramento…”.
A questo punto abbiamo cercato sul CCNL Enti Locali di capire il concetto di “trattamento economico” e quello di “retribuzione” e abbiamo compreso che la “struttura della retribuzione” si divide in trattamento fondamentale (stipendio tabellare, retribuzione individuale di anzianità, indennità integrativa speciale, livello economico differenziato) e trattamento accessorio (compensi per lavoro straordinario,compensi per la produttività, premi per la qualità, indennità speciali art. 35-36-37). Per cui il trattamento economico complessivo in godimento al 31/12/1999, come sopra specificato, era pari ad euro 12.277,09 che corrispondono ad una anzianità di 15 anni. Preciso che mio marito al momento del passaggio aveva 18 anni di anzianità maturati presso l’ente locale di provenienza per cui tra 18 e 15 anni avrebbe subito una perdita di 3 che comunque (ubi major minor cessat) sono sempre meno dei 15 anni che attualmente risultano persi grazie al decreto dell’USP.
Infatti prendendo sempre come esempio la situazione di mio marito, ora illustrerò la procedura applicata dall’USP che ha sminuito la sua professionalità e lo ha dequalificato collocandolo nella fascia dai 0 ai 3 anni di anzianità alla stregua di un neo assunto:

l’USP ha recepito come voce stipendio il solo trattamento fondamentale e non il trattamento accessorio,quindi:
l’art. 34-35-36 ccnl …………………euro 294,38
produttività…………………………..euro 634,64
straordinario ………………………..euro 367,37
Totale ………………euro 1.296,39 non conteggiati

L’USP infatti, con una interpretazione non conforme alla sentenza, considera come “trattamento economico complessivo” il solo “trattamento fondamentale” sottraendo quindi dallo stipendio in godimento al 31/12/1999 il trattamento accessorio:

euro 12.277,09 - euro 1296,39 = euro 10.980,70



Tutto quello che è stato riportato in questa relazione è supportato da documenti che possono essere esibiti in qualsiasi momento.


Cordiali saluti.
Susanna Bradetich Rovatti

mercoledì 16 dicembre 2009

CHIARIMENTI DA TRIESTE

“ART. 3 comma 1 DM 5/4/2001:

Inquadramento professionale e retributivo. I dipendenti, di cui all'art. 1 del presente accordo, sono inquadrati nella progressione economica per posizioni stipendiali delle corrispondenti qualifiche professionali del comparto scuola,indicate nell'allegata tabella B, con le seguenti modalita'.Ai suddetti dipendenti viene attribuita la posizione stipendiale,tra quelle indicate nell'allegata tabella B, d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito da stipendio e retribuzione individuale di anzianita' nonche', per coloro che ne sono provvisti, dall'indennita'specifica ............”

A questo punto vi inviterei a verificare su qualsiasi CCNL Enti Locali il concetto di “trattamento economico”. Si comprende facilmente che il trattamento economico è composto dal trattamento fondamentale (stipendio tabellare, retribuzione individuale di anzianità, indennità integrativa speciale, livello economico differenziato) e dal trattamento accessorio (compensi per lavoro straordinario,compensi per la produttività, premi per la qualità, indennità speciali art. 35-36-37).
Per cui il trattamento economico in godimento al 31/12/1999 non è costituito dal solo trattamento fondamentale.

LA DIMOSTRAZIONE PIU’ SEMPLICE PER CAPIRE CHE C’E’ QUALCOSA CHE NON VA E’ QUANDO SI FA IL CONFRONTO TRA I CUD 1999 – 2000 -2001. VEDREMO IMMEDIATAMENTE CHE NEL 1999 LO STIPENDIO ANNUO ERA PIU’ ALTO RISPETTO AI DUE ANNI SUCCESSIVI NONOSTANTE IL RINNOVO CONTRATTUALE DEL 2000.


La filosofia della Corte Costituzionale ed anche delle varie sentenze della Corte di cassazione nonché quelle perse da noi in secondo grado, è stata sempre basata sul fatto che i diritti di noi lavoratori ex enti locali non è stata lesa in quanto il trattamento stipendiale è stato conservato. Con ogni probabilità i vari giudici non erano a conoscenza del di fatto, che l’interpretazione del meccanismo del ricalcolo applicato nella maggior parte dei casi, dalle varie segreterie di appartenenza, ha considerato solo lo stipendio base e non tutte le varie voci che compongono lo stipendio penalizzando, di fatto, il reale trattamento economico.


Ribadisco la nostra disponibilità per spiegare meglio tutti questi concetti.

Un abbraccio
Susanna e Paolo
Rovatti <
pascja.ro@alice.it>

RISPOSTA SNALS ALLA RICHIESTA DEL COORDINAMENTO


QUESITO MIGHALI

Cari colleghi,
mi è stato comunicato da Damascemi che l’avv. Sullan rispondendo al quesito del collega Mighali,sembrerebbe che abbia espresso il parere che sarebbe il caso di richiedere di nuovo la costruzione di carriera entro la fine del mese tanto non si perde nulla a fare tale richiesta.
Tra qualche giorno il collega Damascemi farà un breve resoconto delle motivazioni dell’avvocato.
Ieri mi sono attivato con la mia Dsga ed abbiamo verificato la mia ricostruzione fatta dalla vecchia scuola dove ero in servizio nel lontano 2001 .
Detta ricostruzione se ne disponeva in via provvisoria,successivamente nel luglio 2005 veniva convertita in effettiva sulla base dell’art.3 comma 1 dell’accordo recepito dal DM 5/4/2001.
Parlando con la mia Dsga quindi si è convenuto che noi dipendenti ex enti locali non possiamo usufruire dell’articolo 66, comma 6, del CCNL 4/8/95 e dei Decreti Legislativi 29/93 e 165/01 (“Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) perdendo nel mio caso 14 anni nel profilo inferiore in quanto l’accordo dell’Aran con i sindacati del luglio 2000 trasformato poi in DM 5/4/2001 ci hanno dichiarati dipendenti di serie B(“maturato economico”).
Quindi concordo con la collega Rossella Arditi la quale fa notare che le cause che abbiamo avviato era proprio per questo motivo in quanto la legge 124/99 prevedeva che avremmo avuto diritto al riconoscimento giuridico ed economico (“ricostruzione carriera”) stravolta poi con il successivi accordi del 2000/1 .
Pertanto ,la mia opinione personale ,che sia tempo perso attivare un’ulteriore procedura che giuridicamente non ha i presupposti per ripristinare una giusta ricostruzione di carriera effettiva dell’anzianità .
Con questo non essendo un giurista non voglio imbrigliare i colleghi a soprassedere tale eventualità chiedete lumi ai Vostri Dsga se esistono i presupposti legislativi per avviare tale procedura.
Si rammenta in ultima analisi che dobbiamo costringere i nostri Sindacati a riaprire il nostro caso per una pari dignità tra lavoratori della scuola attivando tutte le procedure contrattuali che cosentino di estirpare alla radice il nostro disagio che hanno creato all’interno della scuola.
Invito a tutti a trasmettere alle Segreterie Sindacali provinciali,regionali,nazionali la richiesta di attivazione delle assemblee dei lavoratori ex enti locali per cercare di trovare delle soluzioni per ripristinare la legalità partendo dal presupposto per l’adempimento della legge 244/2007 (la legge finanziaria per il 2008) la quale è stato previsto, all’art. 3, comma 147 che recita testualmente:
“in sede di rinnovo contrattuale del personale della scuola relativo al biennio economico 2008-2009 viene esaminata anche la posizione giuridico-economica del personale ausiliario, tecnico e amministrativo trasferito dagli Enti locali allo Stato in attuazione della legge 3 maggio 1999, n. 124.”
Nel contempo Auguro a tutti buone Feste.
Vincenzo Lo Verso

martedì 15 dicembre 2009

CHE FARE

DAL BLOG

http://blog.libero.it/entilocali/

Post n°631 pubblicato il 15 Dicembre 2009 da exentilocali

Non è facile dare consigli in una situazione così illogica e intrisa di soprusi e di ingiustizie. Consiglierei, comunque, a chi sta restituendo i soldi di fare domanda di ricostruzione di carriera, entro il 31/12/2009, chiedendo il riconoscimento del servizio prestato nelle scuole statali ed eventualmente anche del servizio militare se prestato dal 1987 (almeno per interrompere i termini della prescrizione). Se l'Amministrazione non risponde si procede con il tentativo obbligatorio di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro: si può nominare un collega come rappresentante nel collegio di conciliazione, così non si spende nulla, se non i soldi per una raccomandata. Poi si deciderà come intraprendere l'azione legale in tribunale. Per chi non ha ricevuto ancora la notifica della sentenza non saprei cosa consigliare perchè andarsi a cercare rogne da soli mi sembra masochistico. Penso che si potrebbe impugnare poi il ripristino della temporizzazione, ma .....non saprei proprio cosa sarebbe meglio fare.
Teniamoci in contatto.
Un abbraccio
Rosella Arditi

IN CALABRIA

DAL BLOG

http://blog.libero.it/entilocali/

Post n°630 pubblicato il 15 Dicembre 2009 da exentilocali

Il giorno 18 dicembre 2009 alle ore 16 a Cosenza, nella sala arbitri dello stadio S. Vito, messa gentilmente a disposizione dal Presidente Della Sezione Arbitri A.I.A. di Cosenza, sig. Francesco Scarcelli, si riuniranno in Assemblea i Pubblici dipendenti della scuola, Insegnanti Tecnico Pratici e ATA provenienti da Cosenza, Acri, Amantea ,Altomonte, Castrovillari, Corigliano, San Marco Argentano, S. Giovanni in Fiore, Vibo Valentia, Trebisacce(Ex EE. LL. transitati allo Stato con la L. 124/99 art. 8).L’assemblea consentirà di discutere sulle azioni da intraprendere verso le Istituzioni ed i Sindacati Cgil-Cisl.Uil. Snals per il perdurare del diniego, da parte del Governo e col disinteresse dei sindacati, al riconoscimento, ai fini economici, del servizio effettuato presso l’EE.LL fino al 31 gennaio 1999. Addirittura, questa volta, alla beffa ci si è aggiunto il danno ovvero la richiesta, da parte dello Stato, della restituzione delle somme elargite come arretrati e stipendi per effetto del riconoscimento del servizio prestato in seguito a sentenze del Giudice del Lavoro. Questo danno si è verificato in seguito alla approvazione della finanziaria 2005 , del penultimo governo Berlusconi, e con il comma 218 ,con emendamento presentato alla Camera da Daniela Santanchè. Quindi, molti colleghi si vedono costretti a trovare le somme necessarie da restituire e richieste anche con decreti ingiuntivi e pignoramenti. Ed ancora, nonostante che la finanziaria successiva del governo Prodi avesse inserito la norma che il nostro caso doveva essere oggetto di discussione nel contratto della scuola, anche quella volta, 2008, non è stato fatto nulla. Ecco, questo è il desolante e tragico quadro della situazione di questi Pubblici dipendenti che a tutt’oggi, come DANNATI della scuola, si sentono abbandonati, umiliati, offesi nella dignità e nella professionalità per una VOLUTA , mancata ed errata applicazione, sic et simpliciter, dell’art.8 della L.124/99. Sono stati innumerevoli gli appelli inviati ma senza risultato(postati anche in rete nel Blog ATA ex EE.LL libero.it) al Presidente della Repubblica, a quello della Camera, del Senato, ai rappresentanti politici , per la Calabria agli on.li: Michele Traversa, Cesare Marini, Antonio Gentile, Giuseppe Galati, Angela Napoli ed il loro interessamento non è andato oltre una interrogazione a risposta scritta al Ministro della Istruzione. Lo stato di diritto oramai , per questi pubblici dipendenti, ha perso ogni credibilità. Ecco, l’Assemblea dovrà servire a far emergere nel dibattimento quelle azioni da intraprendere nell’immediato.
Trebisacce,li 13/12/2009
ITP Gaetano LaManna

domenica 13 dicembre 2009

INCONTRO DI LAVORO

Cari colleghi, venerdi 11 dicembre un numeroso gruppo di lavoro della provincia di Trapani si è riunito presso l' istituto tecnico commerciale di Marsala,per fare il punto della situazione e avanzare alcune proposte al coordinamento nazionale. Sostanzialmente siamo molto disponibili a quanto ci ha suggerito Vincenzo Lo Verso,cioè, prima che la situazione sfugga di mano, proporre una soluzione di buon senso alle rappresentanzi sindacali. In sintesi si tratterebbe di inserire la questione nella piattaforma contrattuale in discussione per il conparto scuola; consci che il problema non può essere risolto in breve tempo, si propone una strateggia di lungo respiro, un impegno minimo di pochi milioni di euro l'anno per più anni, cercando inizialmente a fermare la restituzione delle cifre iperboliche che stanno mettendo in ginocchio intere famiglie.Poi non dobbiamo trascurare che il problema è pure di natura politica e per questo dobbiamo "assediare" e "ossessionare" tutti i politici con i quali possiamo aver contatti. Noi entro il 15 gennaio 2010 faremo un altro incontro con i segretari provinciali di UIL, CGIL, CISL, SNALS, per fare queste nostre proposte e fare in modo che ciò arrivi alle Segreterie Romane. Naturalmente abbiamo bisogno che anche tutti i gruppi delle varie province spingano le loro segreterie provinciali a fare ciò.In attesa di conoscere le altre iniziative dei colleghi, auguro un Buon Natale a tutti Voi e le Vostre Famiglie, sperando che l'anno nuovo ci porti le concretezze che fino ad ora non abbiamo avuto.Leonardo Agueli

sabato 12 dicembre 2009

NOTA MIUR 7640

Ministero della pubblica istruzione
Dipartimento per l’istruzioneDirezione Generale per il personale scolastico Uff. V

prot. n.7640/Dgper Roma, 8 maggio 2008


Oggetto: personale ATA trasferito dagli enti locali (art 8 legge 124/99) – rilevazione servizi -
La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) prevede, al comma 147, che in sede di rinnovo contrattuale del personale della scuola, relativo al biennio economico 2008/2009, sia “…esaminata anche la posizione giuridico-economica del personale ausiliario, tecnico e amministrativo trasferito dagli enti locali allo Stato in attuazione della legge 3 maggio 1999, n. 124.”.Come noto, per effetto del decreto ministeriale 5 aprile 2001, l’inquadramento di tale personale è stato effettuato in base al maturato economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento e non in funzione dell’anzianità di servizio conseguita nell’Ente locale.Pertanto, al solo fine di procedere alla valutazione degli elementi necessari per l’eventuale ridefinizione delle posizioni giuridiche ed economiche del personale in parola, secondo quanto previsto dall’articolo 66, comma 6, del CCNL 4/8/95, che continua a trovare applicazione per effetto dell’articolo 146 del vigente Contratto di comparto, si pregano le SS.LL. di adottare le necessarie iniziative affinché lo stesso personale, per il tramite dei dirigenti scolastici, sia invitato a produrre alle sedi di attuale titolarità o di servizio, la certificazione dell’Ente locale, relativa al servizio prestato nelle istituzioni scolastiche statali, sino al 31.12.99, alle dipendenze dei medesimi Enti.Con specifica nota tecnica, allegata alla presente, vengono fornite le indicazioni operative necessarie per la trasmissione al Sistema informativo dei dati comunicati.Nel ribadire, ancora, che la presente rilevazione ha il solo scopo della verifica degli effetti dell’eventuale inquadramento in ruolo secondo la normativa innanzi richiamata, si fa presente che, limitatamente ai servizi di ruolo, i dati da trasmettere possono essere accorpati nella misura massima possibile, al fine dello snellimento delle procedure di trasmissione al SIDI.Nel precisare, inoltre, che la rilevazione in parola dovrà essere sollecitamente definita da questo Ministero, si evidenzia la necessità che il personale in questione sia invitato a produrre la propria certificazione entro il 30 maggio p.v. affinché le stesse istituzioni scolastiche, dopo la verifica degli atti, a cura del dirigente scolastico, possano concludere la trasmissione al Sistema informativo non oltre il 6 giugno successivo.Si evidenzia, da ultimo, che nell’ipotesi in cui le attestazioni dei servizi siano già in possesso dell’istituzione scolastica, in quanto depositate nel fascicolo personale, resta fermo l’onere a cura dell’interessato della esibizione della certificazione valutabile e della scheda allegato 1, di cui alla nota operativa. Limitatamente al servizio militare, può far fede la sola dichiarazione personale, contenuta nella citata scheda.Si ringrazia.
IL DIRETTORE GENERALE
f.to Luciano Chiappetta

DUBBIO E TORMENTO

DAL BLOG

http://blog.libero.it/entilocali/view.php?id=entilocali&pag=1&gg=0&mm=0

Post n°618 pubblicato il 04 Dicembre 2009 da exentilocali

QUESITO URGENTE che invio ai Coordinatori Nazionali ed ai colleghi tutti.

Un dubbio atroce mi tormenta il cervello nel difficile intento di cercare di capire qualcosa circa la nostra disgraziata situazione.Mi spiego:Facendo esercizio di equilibrismo tremendo fra i mille quiz per accedere alla seconda posizione economica, mi sono accorto che la TEMPORIZZAZIONE non è altro che un istituto normativo che serve a garantire provvisoriamente una retribuzione uguale o quasi a quella in godimento nei casi di passaggio da un ruolo all’altro ed è propedeutica al definitivo inquadramento mediante RICOSTRUZIONE DI CARRIERA con relativo riconoscimento del servizio prestato in precedenza.Solo che la prima si applica automaticamente mentre la seconda si attiva a domanda dell’interessato entro dieci anni dall’assunzione in ruolo.Noi siamo fermi al primo passaggio e di questo si è discusso fino ad ora sia in sede legislativa sia in sede giudiziaria.D’altronde i sindacati e l’ARAN hanno sempre detto che la temporizzazione ci veniva applicata al fine di garantirci la retribuzione al momento del passaggio.Nel Decreto Interministeriale 5 aprile 2001 di recepimento del famoso accordo sindacati MIUR del 20 luglio 2000, si legge:art. 3 - comma 1: I dipendenti, di cui all’articolo 1 del presente accordo, sono inquadrati nella progressione economica per posizioni stipendiali delle corrispondenti qualifiche professionali del comparto scuola, indicate nell’allegata Tabella B, con le seguenti modalità.Ai suddetti dipendenti viene attribuita la posizione stipendiale, tra quelle allegata nella Tabella B, d’importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999L’eventuale differenza.è corrisposta ad personam, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendialeNaturalmente se non viene richiesta la ricostruzione di carriera perché al dipendente più favorevole la predetta temporizzazione.Nell’ultimo capoverso del comma 1 dell’art. 3 c’è ancora scritto:l’inquadramento definitivo , nei profili professionali della scuola, del personale di cui al precedente accordo dovrà essere disposto tenendo conto della tabella A di equiparazione allegata.Quindi l' INQUADRAMENTO DEFINITIVO è un passaggio previsto dal decreto e non può consistere se non nella RICOSTRUZIONE DI CARRIERA.Infatti sarebbe assurdo negare questo istituto normativo contrattuale solo ad alcune categorie di personale.Anche il famigerato comma 218 dell’art. 1 della finanziaria 2006 dà un interpretazione autentica per l’inquadramento al momento del passaggio (TEMPORIZZAZIONE) ma non esclude il secondo passaggio (RICOSTRUZIONE DI CARRIERA); noi l’abbiamo escluso nell’animus!Ancora, rileggendo il decreto collettivo di passaggio allo Stato, ove compare il mio nome, emesso dal Provveditore agli Studi Lecce del 15/12/99 per i dipendenti della stessa Provincia, trovo scritto:art. 2 Al personale predetto è attribuito il trattamento economico fondamentale in godimento, a fianco di ciascuno indicato, salva la successiva valutazione, ai fini giuridici ed economici, del pregresso servizio presso l’Ente Locale di dipendenza.Il contenzioso che ci riguarda è stato sollevato per il primo inquadramento temporizzato che noi avremmo voluto subito (01/01/200) ricomprendente tutto il servizio prestato presso l’Ente Locale, omettendo la dovuta successiva domanda di ricostruzione?Se così fosse qualcuno sta barando ed i termini entro cui esercitare il predetto diritto sarebbero per scadere (31/12/2009).Chi sa rispondermi?Antonio Mighali da Lecce

PER ROSSELLA ARDITI

HO LETTO IL TUO POST N. 625 PUBBLICATO L' 11 DICEMBRE 2009 SUL BLOG
http://blog.libero.it/entilocali/

potrei avere le normative che riguardano le ricostruzioni di carriera, la Nota Ministeriale 7640 dell’8/5/2008 e la sentenza del Consiglio di Stato del 17/11/2000. Grazie.
Roberto DE CRISTOFARO

rosteda@libero.it

giovedì 10 dicembre 2009

ULTIMA SPIAGGIA

Cari colleghi,tra qualche giorno cade l’anniversario del nostro travaso ai ruoli dello Stato,un decennio di lotte e d’ingiustizie nei nostri confronti,la nostra dignità di lavoratori calpestata dai vari Governi che si sono succeduti in questi anni. Con alcuni colleghi, dopo l’ultima sentenza la n°311 della Corte Costituzionale confrontandoci sul da farsi per il nostro annoso problema sviscerando gli anni di lotta fin qui intrapresi è uscita un’ipotesi che a mio parere parrebbe fattibile. Vorrei fare il punto della situazione del nostro problema. Sono dieci anni che noi ATA -Itp abbiamo intrapreso diverse iniziative. Infatti ne sono state organizzate a iosa. Prima del famigerato comma 218, siamo riusciti, quanto meno, a smuovere la Magistratura, la quale, in ogni grado di giudizio, ci dava ragione. Addirittura, la Cassazione, ribaltava eventuali sentenze inferiori che ci avevano dato torto. Dopo il 218 sono state attivate altre innumerevoli iniziative: interrogazioni, interpellanze, manifestazioni, ecc. Durante il governo Prodi, in occasione di un presidio davanti alla Camera dei deputati, organizzato dai sindacati Cisl, Cgil e Uil ,il comitato , capitanato dai tre segretari nazionali della scuola , fummo ricevuti dalla Commissione Cultura della camera, presidente l' on. Folena. La questione venne illustrata minuziosamente da Panini(Cgil). Tutti i membri della Commissione conoscevano benissimo il nostro problema, promettendo ogni iniziativa per una sua soluzione. In quella occasione abbiamo chiesto e consegnato per iscritto una richiesta molto semplice, di una riga, cioè che nella Finanziaria di allora "venisse abrogato il comma 218.Niente da fare. Non si è ottenuto nulla se non un generico riferimento, nella Finanziaria,alla nostra questione. Cosa che è rimasta del tutto lettera morta. Abbiamo scioperato diverse volte con la triplice ,ne abbiamo organizzato una noi come Comitato , il 18 novembre 2008,ci ha ricevuto ultimamente l’onorevole Aprea a Milano, la quale in campagna elettorale ci aveva promesso che la cosa andasse definita solo contrattualmente dandoci tanta solidarietà. Abbiamo bussato le porte di tanti politici, della lega, del Pdl ,del Pd,della sinistra radicale ,del centro, dell’Idv, tutti consenzienti che quello che ci avevano fatto era una palese ingiustizia. Recentemente siamo stati anche ricevuti dalla Commissione bilancio tramite l’On .Marinello,tante chiacchiere ,solidarietà tanta ,ma fatti nulla. In questi ultimi dieci anni saremo andati a Roma, per la nostra questione, almeno una ventina di volte, a parlare con chiunque potesse darci una speranza, abbiamo incontrato politici e sindacalisti dei massimi livelli Nazionali. Niente da fare. Pare che su di noi ci sia una maledizione. Ora la Corte Costituzionale ribadisce, per la seconda volta, che il comma 218 è perfettamente legittimo ,crediamo che l'Europa possa fare ben poco per noi. Quello che ci mortifica e anche il silenzio assordante della Triplice a tal riguardo
Quindi?
Quindi le abbiamo tentate proprio tutte.
E allora, cosa resta da fare, in modo assolutamente pragmatico e senza alcuna illusione di ottenere risultati e prima di cedere definitivamente le armi?
L’idea di fare una grande Manifestazione a Roma per fine gennaio coinvolgendo più colleghi possibili non é da scartare. Se qualcuno poi (cinque, dieci di noi) si incatenasse davanti al Parlamento e buttasse via la chiave (noi li rifocilleremmo) può darsi che un qualche media ci dia un po' di risalto, magari potrebbero anche rifiutare cibo e acqua (alla Pannella).
E poi?
E poi, dopo il folclorismo, rimarrebbero i nostri problemi di sempre, ammesso che qualche parlamentare pietoso venisse anche a chiederci che cosa succede. Sarebbe il caso di prendere vie concrete, senza badare se l'interlocutore ci i fa schifo o rabbia. Siamo stati anche a suo tempo coi vertici dei Confederali, di tutte le altre sigle sindacali Risultati concreti: nessuno.
E allora, perché insistere con i confederali?
Chi va al tavolo delle trattative per il prossimo contratto già avviato?
I Confederali SNALS e Gilda. Visto che a parole la Flc scuola dice che nella loro piattaforma contrattuale chiedono l'inserimento di risorse per noi,anche se,nella loro piattaforma ufficialmente non ci è parso di vedere nulla in proposito. Credo che si debba insistere assolutamente con loro e chiedere loro un ultimo colloquio (coi vertici sindacali Nazionali) e proporre una iniziativa, diciamo, semplice. Per noi non ci sono soldi nel prossimo contratto?
Bene.
La proposta è questa: Inutile a questo punto della battaglia chiedere la luna. Chiediamo solo che venga stanziata, nel contratto, una cifra minima ( tre, cinque milioni di euro) per risolvere nel tempo, contratto dopo contratto (individuando dei criteri ) le varie situazioni aberranti che ha creato l'Accordo del 20 luglio 2000. E' poco, pochissimo, ma intanto, l'accettazione di questa proposta, bloccherebbe immediatamente il ritiro delle somme (poiché sarebbe inutile la restituzione al Ministero se poi, nel tempo, il Ministero dovesse restituire) è avremmo il riconoscimento da parte politico-sindacale che la nostra situazione si è rovesciata. Sarebbe un cambio di prospettiva piccola (ma enorme a questo punto) poiché avrebbe il senso politico di cancellare praticamente (anche se non teoricamente) l'Accordo del 2000, superando per via pratica le sentenze a noi sfavorevoli della Corte Costituzionale, slegandoci dal cappio imminente della Finanziaria. Qui s’intravede un minimo di concretezza: parlare coi vertici sindacali di questa ipotetica proposta. D'altra parte i sindacati che hanno firmato quell'obbrobrio di Accordo, hanno la coscienza sporca e sanno benissimo che hanno toppato alla grande anche se ufficialmente non lo ammettono. Siamo convinti che sarebbero ben contenti di rimediare al male fatto. Quindi crediamo che tale ipotesi possa essere l’ultima spiaggia,se sarete d’accordo potremmo attivarci per far pervenire ai confederali e le altre sigle che partecipano alla contrattazione la nostra idea. La richiesta, ovviamente, dovrà essere quella minimale, perché chiedere di più sarebbe come andare a sbattere contro un muro. La nostra questione si potrà chiudere definitivamente se si riesce a trovare un accordo (Governo/Sindacati), rinunciando a questo punto anche noi a qualcosa. Dobbiamo far convocare delle assemblee sindacali in ogni città, dobbiamo pretenderle! A questo punto devono riprendere in mano la questione i sindacati e cercare di ottenere qualcosa nel CCNL. Questa proposta é il pensiero di alcuni di noi a questo punto credo che sia il più razionale possibile ,il problema é stato esposto nei migliori dei modi con fatti circostanziati ,difficile da digerire,sicuramente con parecchie critiche , ma a questo punto a nostro parere l’unico possibile. Apro la discussione agli iscritti del gruppo di facebook , invito tutti ,intendo tutti i contatti non solo i soliti noti e l’esecutivo ad esprimersi e non leggere solamente, se siamo a questo punto é comunque anche per colpa nostra, in quanto non riusciamo a mobilitarci in massa come bisognerebbe fare, vuoi per le difficoltà in quanto sparsi su tutto il territorio e per tanti che leggono nei blog e non partecipano. Invito i colleghi di portare queste idee nelle assemblee che i vari coordinamenti stanno organizzando in diverse località del paese per l’eventuale adesione dello sciopero di fine gennaio.

Link: http://www.facebook.com/group.php?gid=51684511965&ref=mf

Ultimamente i nostri blog (e non solo ultimamente) non danno risalto alle mie missive questa però è un’altra storia siccome credo che qui nessuno abbia interessi personali ( come qualcuno vuol far intendere ) non scendo a polemiche puerili con i colleghi che punzecchino dietro il “loro blog” , astenendosi a pubblicare sia il mio pensiero che alcune missive organizzative. Alcune considerazioni personali talvolta hanno potuto essere state fraintese ma l’obbiettivo che ci siamo prefissati era più importante di alcune illazioni esistenziali.
Quindi ormai giuridicamente i giochi sono chiusi ci sarebbe questa piccolissima probabilità,l’alternativa sarebbe a nostro parere abbandonare la guerra dichiarandosi vinti,ritirandosi di buon ordine dalla battaglia.
Crema 9 /12/09


Vincenzo Lo Verso - 3497293449

vincenzoloverso@tiscali.it



martedì 8 dicembre 2009

CONFERMA

Quello che afferma Ottorino Mugnai, collega di Livorno, è da me condiviso fin dall'inizio della nostra storia e non più tardi di una settimana fa ne ho avuto di nuovo conferma da una persona che ne è a conoscenza. Da vari anni chiedo alle riunioni sindacali che venga fatto un controllo sull'inserimento dei dati iniziali degli stipendi percepiti ma spesso mi è stato risposto che non possiamo fare la guerra tra poveri. Io credo che la guerra sarebbe una guerra non tra poveri ma contro i furbi che dal lontano gennaio 2000 percepiscono uno stipendio equivalente talvolta ad una anzianità maggiore di quella in godimento a quela data.

lunedì 7 dicembre 2009

URGENTISSIMO

Da quello che ha scritto Mighali, ho la massima certezza che sono state fatte delle discriminazioni tra PROVINCE e PROVINCE .Perchè da quello che ho visto nella ricostruzione del Mighali è stato trasmesso il salario accessorio mentre nella Provincia di Livorno ed in tante altre Province no.Capitooooooooooooooooooooo!!!!!!! Caro Enzo devi far pubblicare nel blog questa mia perchè,oltre lo scippo dell'anzianità c'è anche la discriminazione tra lavoratori e lavoratori.Quindi ci sono tutte le condizioni per far intervenire i SINDACATI e rivedere TUTTA LA FACCENDA.
Io metterò a disposizione della causa TUTTI I DOCUMENTI NECESSARI.
Saluti. Ottorino Mugnai. Livorno

venerdì 4 dicembre 2009

DUBBIO E TORMENTO

Post n°618 pubblicato il 04 Dicembre 2009 da exentilocali

QUESITO URGENTE che invio ai Coordinatori Nazionali ed ai colleghi tutti.

Un dubbio atroce mi tormenta il cervello nel difficile intento di cercare di capire qualcosa circa la nostra disgraziata situazione.Mi spiego:Facendo esercizio di equilibrismo tremendo fra i mille quiz per accedere alla seconda posizione economica, mi sono accorto che la TEMPORIZZAZIONE non è altro che un istituto normativo che serve a garantire provvisoriamente una retribuzione uguale o quasi a quella in godimento nei casi di passaggio da un ruolo all’altro ed è propedeutica al definitivo inquadramento mediante RICOSTRUZIONE DI CARRIERA con relativo riconoscimento del servizio prestato in precedenza.Solo che la prima si applica automaticamente mentre la seconda si attiva a domanda dell’interessato entro dieci anni dall’assunzione in ruolo.Noi siamo fermi al primo passaggio e di questo si è discusso fino ad ora sia in sede legislativa sia in sede giudiziaria.D’altronde i sindacati e l’ARAN hanno sempre detto che la temporizzazione ci veniva applicata al fine di garantirci la retribuzione al momento del passaggio.Nel Decreto Interministeriale 5 aprile 2001 di recepimento del famoso accordo sindacati MIUR del 20 luglio 2000, si legge:art. 3 - comma 1: I dipendenti, di cui all’articolo 1 del presente accordo, sono inquadrati nella progressione economica per posizioni stipendiali delle corrispondenti qualifiche professionali del comparto scuola, indicate nell’allegata Tabella B, con le seguenti modalità.Ai suddetti dipendenti viene attribuita la posizione stipendiale, tra quelle allegata nella Tabella B, d’importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999L’eventuale differenza.è corrisposta ad personam, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendialeNaturalmente se non viene richiesta la ricostruzione di carriera perché al dipendente più favorevole la predetta temporizzazione.Nell’ultimo capoverso del comma 1 dell’art. 3 c’è ancora scritto:l’inquadramento definitivo , nei profili professionali della scuola, del personale di cui al precedente accordo dovrà essere disposto tenendo conto della tabella A di equiparazione allegata.Quindi l' INQUADRAMENTO DEFINITIVO è un passaggio previsto dal decreto e non può consistere se non nella RICOSTRUZIONE DI CARRIERA.Infatti sarebbe assurdo negare questo istituto normativo contrattuale solo ad alcune categorie di personale.Anche il famigerato comma 218 dell’art. 1 della finanziaria 2006 dà un interpretazione autentica per l’inquadramento al momento del passaggio (TEMPORIZZAZIONE) ma non esclude il secondo passaggio (RICOSTRUZIONE DI CARRIERA); noi l’abbiamo escluso nell’animus!Ancora, rileggendo il decreto collettivo di passaggio allo Stato, ove compare il mio nome, emesso dal Provveditore agli Studi Lecce del 15/12/99 per i dipendenti della stessa Provincia, trovo scritto:art. 2 Al personale predetto è attribuito il trattamento economico fondamentale in godimento, a fianco di ciascuno indicato, salva la successiva valutazione, ai fini giuridici ed economici, del pregresso servizio presso l’Ente Locale di dipendenza.Il contenzioso che ci riguarda è stato sollevato per il primo inquadramento temporizzato che noi avremmo voluto subito (01/01/200) ricomprendente tutto il servizio prestato presso l’Ente Locale, omettendo la dovuta successiva domanda di ricostruzione?Se così fosse qualcuno sta barando ed i termini entro cui esercitare il predetto diritto sarebbero per scadere (31/12/2009).Chi sa rispondermi?
Antonio Mighali da Lecce

giovedì 3 dicembre 2009

COMMENTI

http://blog.libero.it/entilocali/

Post n°617 pubblicato il 03 Dicembre 2009 da exentilocali

C'è una nuova sentenza della Corte Costituzionale naturamente contro di noi. Sono preoccupata
ma che giustizia è la nostra ? Ci rimane soltanto la Suprema Corte Europea che a giorni si pronuncerà speriamo bene , però i sindacati che dicono interessati al nostro problema dove sono?
Comunque dobbiamo davvero organizzarci io non oso più che pensare sono avvilita ......................
Vi saluto. Matilde dal Liceo Gullace di Roma Tel.06 7217398

mercoledì 2 dicembre 2009

BARCAGLIONI DAY

ECCO LA MAIL DEL COLLEGA BARCAGLIONI

" da oggi inizia il BARCAGLIONI DAY io vivrò la mia vita prossima ventura a risolvere il nostro problema non mi accontento più di 1200 euro al mese mi sono rotto le palle! li perseguiterò uno per uno .giudici della corte maledetti politici bugiardi e sindacalisti venduti io non ho tessere di partito non sono un sindacalista nemmeno un vecchio maledetto giudice di corte costituzionale non ho paura di nessuno sono a roma e posso rompere i coglioni a tutta questa masnada di figli di p............... tutti i giorni festivi compresi e penso che berlusconi e bersani e tutti gli altri 1200 e rotti pensino esclusivamente ai ca...... loro!
Sono o no il coordinatore nazionale che cercate!
Pubblicate ovunque aspetto una mail da ognuno dei coordinatori regionali. barcaglioninando@inwind.it 3291018545
Forza ragazzi specie i dormienti.
Vinceremo noi anche se ce li abbiamo TUTTI contro!
saluti e baci. nando

venerdì 27 novembre 2009

SCANDALOSA SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE

DA UNICOBAS:ATA EX EELL:SCANDALOSA SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE
ATA: nuova scandalosa sentenza politica della Corte Costituzionale
Con la sentenza n.°311/2009, resa nota ieri, la Corte non fa altro che ribadire pedissequamente quanto affermato nella finanziaria 2006, cioè la negazione del diritto elementare dei lavoratori provenienti dagli Enti Locali e spostati d´ufficio nel comparto scuola, ad un inquadramento in tutto identico a quello degli altri lavoratori settore. I lavoratori ATA (ausiliari, tecnici ed amministrativi) e ITP (insegnanti tecnico pratici), si sono autocostituiti in Coordinamento Nazionale ATA e ITP ex EE.LL., con lo scopo di rilanciare le iniziative di lotta per il riconoscimento di un diritto costituzionale negato. E´ infatti la Costituzione a garantire che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3).
Neppure due anni or sono, in campagna elettorale, pressoché tutti i candidati hanno riconosciuto la assoluta inadeguatezza delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti in Italia. Oggi va ricordato nuovamente alla classe politica italiana l´esistenza di una (sotto)categoria di lavoratori a tempo indeterminato che (nel pubblico impiego e non nei call centers), con 20 e più anni di anzianità di servizio, percepiscono salari di 900 € mensili proprio per responsabilità precipua di chi ha partorito (e mai modificato) quell´aborto che è il comma 218 della Legge Finanziaria 2006, la quale ha stravolto l´iter giudiziario dei ricorsi, sino alle ben 8 sentenze della Corte di Cassazione del 2005, tutte favorevoli ai lavoratori.
Questa sentenza ci fa vergognare di appartenere ad un Paese dove la giustizia è solo un gioco, gestito sul tavolo "bipartizan" di maggioranze di governo e false opposizioni. Della cosa è stata da tempo investita la Suprema Corte Europea: vedremo se anche la UE - ma sarà difficile sia scesa al medesimo livello - si è per caso "italianizzata". Nel frattempo la vertenza la riapriamo nelle scuole: con il Coordinamento Nazionale che ne esprime le ragioni, stiamo vagliando le iniziative da mettere in atto al più presto. I 70.000 ATA provenienti dagli Enti Locali sapranno rispondere come di dovere a questo arbitrio assoluto, reso possibile anche dall´insipienza dei sindacati autonomi della Scuola e dall´aperta connivenza dei Confederali, artefici dell´accordo-truffa che ha azzerato l´anzianità di servizio maturata da collaboratori, altro personale ed insegnanti tecnico-pratici negli Enti Locali di provenienza al momento del passaggio allo Stato e poi capaci persino di lucrare sui ricorsi che hanno denunciato questo scandalo.

Stefano d´Errico (Segretario Nazionale Unicobas)


COMMENTO SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE

Cari colleghi,come avete visto,mai dire gatto se non è nel sacco.Ora vediamo il da farsi.Chiedo a tutti cosa bisogna fare,principalmente ai refenti provinciali .per far ciò v'invito a contribuire nella discussione aperta all'interno del gruppoprivato che ho creato su face book

http://www.facebook.com/group.php?gid=51684511965&ref=mf

é uno strumento in più per scambiarci informazioni oltre i blog esistenti.enzo

giovedì 26 novembre 2009

SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE- UDIENZA 3 NOVEMBRE 2009

Sentenza 311/2009
Giudizio
Presidente AMIRANTE - Redattore TESAURO
Udienza Pubblica del 03/11/2009 Decisione del 16/11/2009
Deposito del 26/11/2009 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:
Art. 1, c. 218°, della legge 23/12/2005, n. 266.
Massime:
Titoli:
Atti decisi:
ordd. 400/2008; 15, 16, 17, 18, 19/2009
SENTENZA N. 311 ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006), promossi dalla Corte di cassazione con ordinanza del 4 settembre 2008 e dalla Corte d’appello di Ancona con n. 5 ordinanze del 26 settembre 2008, rispettivamente iscritte ai numeri 400 del registro ordinanze 2008, 15, 16, 17, 18 e 19 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 52, prima serie speciale, dell’anno 2008 e 5, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti l’atto di costituzione di N. P. nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 3 novembre 2009 e nella camera di consiglio del 4 novembre 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi gli avvocati Isacco Sullam, Nicola Zampieri e Arturo Salerni per N. P. e l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Corte di cassazione, con ordinanza del 4 settembre 2008 (r.o. n. 400 del 2008), ha sollevato, in riferimento agli articoli 117, primo comma, della Costituzione e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (infra, anche CEDU o Convenzione europea), resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006), il quale ha stabilito, tra l’altro, che il comma 2 dell’articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (denominato ATA e d’ora in poi così indicato) statale è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento.
2. – La Corte rimettente premette in fatto che la ricorrente, appartenente al personale ATA, già dipendente di ente locale e passata alle dipendenze dell’amministrazione scolastica statale ai sensi dell’art. 8 della legge n. 124 del 1999, aveva chiesto, con ricorso al Tribunale di Venezia del 27 marzo 2003, proposto nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di accertare il proprio diritto al riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio maturata al tempo del trasferimento del rapporto di lavoro, con condanna dell’amministrazione statale al pagamento delle conseguenti differenze retributive dal 1° gennaio 2000, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il Tribunale, con la sentenza di cui è chiesta la cassazione, aveva accertato «l’invalidità e la conseguente inefficacia» della disposizione contenuta nell’art. 3, comma 1, dell’accordo tra l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (d’ora in poi ARAN) ed i rappresentanti delle organizzazioni e confederazioni sindacali in data 20 luglio 2000, recepito nel decreto ministeriale 5 aprile 2001, per contrasto con quanto stabilito dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’art. 8 della legge n. 124 del 1999.
La Corte di cassazione espone che l’amministrazione, in prossimità dell’udienza, ha invocato la sopravvenuta interpretazione autentica dell’art. 8 citato, ad opera dell’art. 1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
2.1. – A giudizio della Corte rimettente tale norma possiede i requisiti essenziali delle norme interpretative, in quanto procede a riscrivere una regola destinata ad operare in termini generali per le controversie in corso e per quelle future. Il citato comma 218 avrebbe l’espresso intento di precisare e chiarire la portata della norma interpretata, limitandosi ad intervenire, con effetti retroattivi, soltanto su quei suoi profili applicativi che avevano originato un contenzioso. Il contenuto normativo della disposizione corrisponderebbe ad uno dei possibili significati ascrivibili alla disposizione interpretata, in quanto il legislatore avrebbe optato per una lettura restrittiva del sintagma «anzianità giuridica ed economica» di cui al comma 2 dell’art. 8 della legge n. 124 del 1999.
Ciò posto, in punto di rilevanza il giudice rimettente sottolinea la necessità di dover dare applicazione, nel giudizio a quo, allo ius superveniens, mediante accoglimento del ricorso, con la conseguenza di dover, peraltro, operare un revirement rispetto alle conclusioni cui era pervenuta, in ordine al senso da attribuire alla disposizione del comma 2 dell’art. 8 della legge n. 124 del 1999. La Corte di cassazione, infatti, sia pure con percorsi argomentativi diversi, aveva affermato «che la garanzia del riconoscimento ai fini giuridici, oltrechè economici, dell’anzianità maturata presso gli enti locali, in favore dei dipendenti coinvolti nel passaggio dai ruoli di tali enti in quelli del personale statale, in quanto apprestata dalla legge, non potesse essere ridotta, in forza di norme di rango inferiore, alla sola garanzia del riconoscimento economico dell’anzianità, e risolversi nell’attribuzione al dipendente del c.d. maturato economico, così come disposto nel d.m. 5 aprile 2001 conformemente ai contenuti dell’Accordo 20 luglio 2000 fra l’ARAN e le OO.SS.».
Ancora, a giudizio della Corte i dubbi di legittimità costituzionale della norma interpretativa, peraltro sollecitati dalla controricorrente, in relazione alla violazione dell’art. 6, comma 1, della Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo, investono la norma di legge della quale dovrebbe farsi applicazione per la decisione del ricorso.
Non sarebbe, invece, configurabile una questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE, per stabilire se la fattispecie a giudizio sia riconducibile o meno alla direttiva 77/187/CEE (modificata dalla direttiva 98/50/CE), in quanto la vicenda del trasferimento, previsto dalla legge n. 124 del 1999, sarebbe estranea al campo di applicazione delle direttive comunitarie in materia di trasferimento d’azienda.
2.2. – La ritenuta rilevanza della questione nel giudizio a quo conduce la rimettente a sottoporre il dubbio di legittimità costituzionale allo scrutinio di non manifesta infondatezza.
La Corte di cassazione ricorda, in proposito, che sebbene già in precedenza, con la sentenza 16 gennaio 2008 n. 677, essa avesse concluso nel senso della manifesta infondatezza della questione, nuove argomentazioni, anche addotte dalla parte, impongono di affrontare nuovamente la questione, in quanto la funzione nomofilattica del giudice di legittimità si atteggia in maniera diversa a seconda che la Corte sia chiamata a pronunciarsi sull’esatta osservanza della legge, ovvero a valutare la manifesta infondatezza di un dubbio di legittimità costituzionale della stessa legge. Ciò, in quanto in tal caso si tratterebbe soltanto di ritenere o meno manifestamente infondato “un dubbio”, formula questa, che impone al giudice il dovere di sollevare la questione di costituzionalità, tutte le volte in cui, esclusa un’interpretazione costituzionalmente orientata, residui un “non implausibile argomento”, che deponga in senso contrario.
Tanto premesso, la Corte procede quindi a valutare se l’art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005 contrasti con l’art. 117, primo comma, Cost., per violazione dell’obbligo internazionale assunto dall’Italia con la CEDU, che, all’art. 6, comma 1, prescrivendo il diritto ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, imporrebbe al potere legislativo di non intromettersi nell’amministrazione della giustizia allo scopo d’influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie.
Ad avviso della rimettente, occorre verificare se la disposizione in esame violi l’obbligo dello Stato italiano di rispettare l’art. 6, comma 1, CEDU, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo, che fornisce concretezza e contenuto al parametro costituzionale invocato del rispetto degli obblighi internazionali.
Il giudice di legittimità sottolinea come in precedenza la sentenza n. 677 del 2008 aveva negato che l’art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005 violasse l’obbligo imposto dall’art. 6, comma 1, della Convenzione, dal momento che non sarebbe sussistito alcun elemento che inducesse a ritenere la disposizione nazionale come esclusivamente diretta ad influire sulle controversie in corso. Piuttosto, risultava che il legislatore aveva provveduto ad un complessivo riassetto organizzativo, nell’ambito del quale dovevano ritenersi sussistenti «pressanti ragioni di interesse generale» che rendevano quindi legittimo l’intervento retroattivo.
Diversamente, la Corte di cassazione, nell’odierna ordinanza osserva che, sebbene sia vero che la sentenza sul caso Scordino c. Italia, n. 36813/1997, ed i precedenti in essa richiamati affermino che il divieto di leggi retroattive riguarda l’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, finalizzata ad una determinata soluzione delle controversie in corso, altrettanto vero è che tale giurisprudenza non richiede anche che la disposizione retroattiva sia «esclusivamente diretta ad influire sulla soluzione delle controversie in corso», né che tale scopo sia comunque enunciato. Ciò, in particolare si desumerebbe dal fatto che in tali precedenti «la conclusione che l’intervento legislativo volta a volta esaminato costituisse una non consentita ingerenza del potere legislativo sull’esercizio della giurisdizione viene raggiunta sulla scorta, da una parte, dell’esame del risultato che, nel procedimento in relazione al quale viene lamentata l’ingerenza, ha avuto l’applicazione della disposizione denunciata e, dall’altra, della considerazione che lo Stato legislatore era, al tempo stesso, parte di quel procedimento e la disposizione interpretativa assegnava alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per lo Stato – parte», come peraltro reso manifesto dalla più recente giurisprudenza della Corte europea (sentenza SCM Scanner de l’Ouest Lyonnais e altri c. Francia, del 21 giugno 2007, ricorso n. 12106/03).
A giudizio della Corte rimettente, proprio tali condizioni ricorrerebbero nel caso in esame, in quanto il notevole contenzioso in atto, inerente alla norma di interpretazione autentica, in relazione alla quale più volte la medesima Corte ha già avuto modo di pronunciarsi, unitamente al rilevante numero di ricorsi pendenti aventi ad oggetto proprio l’interpretazione di detta normativa, indurrebbero ragionevolmente a ritenere che la definizione di tale contenzioso «nel senso, favorevole allo Stato amministrazione, imposto dalla norma interpretativa, rientrasse certo tra le finalità perseguite dal legislatore con l’introduzione di quest’ultima norma».
Non solo, ma l’esigenza di «governare una operazione di riassetto organizzativo» non potrebbe comunque integrare le «imperiose ragioni d’interesse generale», richieste dalla giurisprudenza di Strasburgo come condizione per superare il divieto d’ingerenza. Del resto, nel procedimento legislativo non vi sarebbe traccia alcuna di siffatta esigenza o di altre ragioni “imperiose o meno”, come sarebbe dimostrato dal fatto che tale comma, non presente nell’originario disegno di legge governativo, risulta inserito dalla relatrice nella seduta della V Commissione e votato nei successivi passaggi, caratterizzati dal voto “di fiducia”.
Tale conclusione non potrebbe essere esclusa neppure dalla considerazione che il legislatore sarebbe comunque libero di emanare norme interpretative che incidano, in materia civile, su diritti attribuiti dalle leggi in vigore, poiché nel caso in esame non si tratterebbe di ciò, quanto piuttosto dell’intervento, a mezzo di leggi retroattive, sui giudizi pendenti dei quali è parte lo Stato-amministrazione. Infatti, il senso della giurisprudenza della Corte europea è che «la parità delle parti dinanzi al giudice implica la necessità che il potere legislativo non si intrometta nell’amministrazione della giustizia allo scopo d’influire sulla risoluzione della controversia o di una determinata categoria di controversie», scopo questo desunto «dall’incidenza oggettiva che la norma denunciata ha sull’esito di controversie pendenti e dalla qualità di parte dello Stato-amministrazione in tali controversie».
Del resto, a giudizio della rimettente, il fatto che la retroattività sia coessenziale alle norme d’interpretazione autentica non sarebbe di ostacolo al rispetto del vincolo in questione, in quanto tale vincolo esigerebbe soltanto che «il legislatore escluda dall’ambito di applicazione della norma interpretativa o, più in generale, della norma dichiarata retroattiva i processi in corso alla data di entrata in vigore della norma, secondo uno schema che il legislatore nazionale ben conosce ed ha più volte praticato».
A nulla varrebbe la possibile obiezione secondo cui una simile tecnica legislativa provocherebbe un proliferare d’iniziative giudiziarie volto a rendere immodificabile una situazione di vantaggio, in quanto ciò sembrerebbe postulare «uno Stato-legislatore che, in rapporti di cui sia parte come Stato-amministrazione, accordi una situazione di vantaggio per non adempiere l’obbligazione che su di esso Stato-amministrazione ne deriva, riservandosi poi d’intervenire con legge interpretativa».
Da ultimo, la Corte di cassazione evidenzia come la manifesta infondatezza della questione non avrebbe potuto comunque essere motivata sulla base della sentenza n. 234 del 2007 della Corte costituzionale, che aveva dichiarato non fondata la questione, in quanto relativa a parametri di costituzionalità diversi da quello oggi evocato.
3. – Con atto depositato il 30 dicembre 2008, si è costituita in giudizio la parte privata, N. P., chiedendo che la norma sia dichiarata incostituzionale. A suo giudizio, infatti, la disposizione in esame deve ritenersi costituzionalmente illegittima in quanto incompatibile con le disposizioni della CEDU, norme interposte atte ad integrare il parametro costituzionale, così come interpretate dalla Corte europea, e dunque in contrasto con gli artt. 10, 117 e 111 Cost.
La norma sarebbe illegittima per violazione dei principi della “parità delle armi”, di certezza del diritto e di indipendenza del giudice, desunti dall’interpretazione fornita dalla Corte di Strasburgo al diritto all’equo processo, contenuto nell’art. 6 della CEDU.
La Corte di Strasburgo, infatti, avrebbe in più occasioni sottolineato come lo Stato non possa introdurre slealmente una interpretazione normativa a suo favore della norma sub iudice, nei giudizi iniziati ed impostati secondo diversi presupposti normativi o giurisprudenziali. L’applicazione dello ius superveniens potrebbe ritenersi lecita soltanto in presenza di «impérieux motifs d’intérét général», non ravvisabili in «mere esigenze di natura finanziaria connesse al rischio derivante dalla soccombenza nei giudizi avviati nei confronti dello Stato amministrazione».
La parte privata, inoltre, precisa come in contrario non possa richiamarsi la circostanza che il principio del maturato economico fosse già contenuto nell’accordo del 20 luglio 2001, poichè tale atto sarebbe «intervenuto nell’ambito del quadro normativo tracciato dall’art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria per il 1990), commi da 1 a 4, che contempla esclusivamente obblighi di informazione e di consultazione», ed anche perchè esso risulterebbe inteso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca come contratto derogatorio rispetto all’art. 8 della legge n. 124 del 1999, ritenuto ammissibile in forza della pretesa riconducibilità della fattispecie in esame all’art. 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992 n. 421).
Qualunque legge interpretativa che interferisca sulle iniziative giudiziarie promosse nei confronti dello Stato sarebbe, dunque, lesiva dell’autonomia della funzione giurisdizionale e del ruolo nomofilattico della Corte di cassazione, poiché, anche qualora sussistano situazioni di incertezza nell’applicazione del diritto o siano insorti contrasti giurisprudenziali, esclusivamente a tale Corte competerebbe risolvere tali contrasti.
Ancora, si aggiunge, il rapporto tra la normativa interna e quella della Convenzione europea, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte, è regolato dal principio di sussidiarietà dell’intervento della Corte di Strasburgo, desumibile dagli articoli 1 e 13, nonché dagli artt. 19, 34 e 35 della medesima Convenzione, che affidano alla giurisdizione del giudice interno il compito di primo tutore dei diritti dell’uomo, con conseguente obbligo di disapplicare la disciplina interna non conforme.
Nel caso di specie la legge finanziaria per il 2006 avrebbe certamente violato l’art. 6 della Convenzione europea, atteso che non solo la norma sarebbe contenuta in una legge normalmente deputata «a far cassa», ma sarebbe stata anche inserita con un «super-emendamento» governativo ed approvata ricorrendo al voto di fiducia.
Tale soluzione interpretativa, inoltre, in quanto intervenuta dopo quasi sei anni dall’entrata in vigore della norma interpretata, avrebbe inciso sul “diritto vivente” formatosi in relazione al computo dell’anzianità maturata nel comparto enti locali.
A giudizio della parte, non varrebbe in contrario richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 2007 poiché in tale decisione si darebbe comunque atto che «la disposizione dell’art. 8, comma 2, della legge n. 124 del 1999, rappresentava una deroga al principio generale vigente all’epoca della sua entrata in vigore, rispetto alla quale la norma ora censurata si presenta come ripristino della regola generale». La Corte costituzionale avrebbe, dunque, riconosciuto, con una sentenza «aspramente criticata», che l’interpretazione autentica fornita dalla legge finanziaria aveva carattere innovativo, salvo sostenere poi la legittimità dell’efficacia retroattiva dell’interpretazione in quanto in linea con il principio del maturato economico introdotto con valenza generale dalla legge 11 luglio 1980, n. 312. Norma questa, che non avrebbe nulla a che vedere con la fattispecie del trasferimento del personale ATA, in quanto disposizione disciplinante la sola mobilità compartimentale e neppure in vigore al momento dell’adozione della citata legge n. 124 del 1999.
La parte privata, inoltre, sottolinea come non ci si trovi affatto in presenza di un’esigenza di governare una operazione di riassetto organizzativo di ampia portata, non solo perché il passaggio del personale risale al 1° gennaio 2000, ma anche perché nel caso di specie non vi sarebbe stata alcuna “riorganizzazione”, poiché i bidelli passati nei ruoli ministeriali già lavoravano nelle scuole statali e hanno continuato a svolgere le medesime mansioni.
Si afferma, poi, che anche il presunto danno finanziario quantificato dall’Avvocatura dello Stato in alcuni milioni di euro, non potrebbe integrare gli «impérieux motifs d’intérét général», in quanto la Corte di Strasburgo avrebbe con chiarezza precisato che un motivo finanziario non consentirebbe, di per sé solo, di giustificare un intervento legislativo di questo tipo.
Quanto alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., si riconosce che la Corte costituzionale ha già avuto occasione di evidenziare che «le disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, nell’interpretazione che ad esse attribuisce la Corte europea dei diritti dell’uomo, integrando uno degli obblighi internazionali, cui si riferisce il precetto costituzionale, possono assumere il rango di fonte integrativa del parametro di costituzionalità di cui all’art. 117, primo comma, Cost., determinando l’incostituzionalità della legge ordinaria con essa contrastante». Tuttavia, come riconosciuto dal Governo nella relazione sullo stato di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato italiano per l’anno 2007, la giurisprudenza della Corte non avrebbe risolto in via definitiva la problematica dei rapporti fra le norme CEDU e la normativa costituzionale e ordinaria, in quanto la posizione espressa dalla Corte costituzionale non «appare in sintonia con quella nella quale si pone la stessa Corte europea, nelle sue sentenze e nelle dichiarazioni del suo Presidente».
Dal confronto tra i due regimi contrattuali risulterebbe, inoltre, evidente che il Ministero, per effetto dell’inserimento nei propri ruoli del personale ATA prima dipendente dagli enti locali, avrebbe beneficiato di ingenti risparmi nel monte stipendi complessivo, derivanti dalla mancata erogazione di tutti quei compensi individuali accessori previsti dai soli contratti collettivi del comparto enti locali e coperti solo in parte dal maggiore salario tabellare.
Da ultimo, la parte privata assume che la questione comporta profili di valutazione costituzionale e di conformità del nostro ordinamento con quello comunitario, in quanto i diritti garantiti dall’art. 6 della Convenzione europea sarebbero stati “comunitarizzati” dall’art. 6, paragrafo 2, del Trattato sull’Unione Europea (al quale fa rinvio il successivo art. 46 del Trattato stesso), nonché dal Trattato di Lisbona, ratificato dall’Italia con la legge 2 agosto 2008, n. 130, recante il recepimento della CEDU, quale norma fondamentale di diritto comunitario.
Del resto, la stessa Corte di giustizia avrebbe statuito che il diritto ad un equo processo, come si desume, in particolare, dall’art. 6 della CEDU, costituisce un diritto fondamentale che l’Unione europea rispetta in quanto principio generale in forza dell’art. 6, paragrafo 2, TUE. Sicché, la mancata declaratoria della incostituzionalità della norma in esame si concretizzerebbe in una violazione dell’art. 6 del Trattato e dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione.
4. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio con atto depositato il 5 gennaio 2009 ed ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata.
La difesa erariale, richiamando la sentenza resa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Scordino c. Italia n. 36813/1997, ritiene che l’interpretazione di tale decisione sostenuta nell’ordinanza di rimessione sia forzata e ricorda che la Corte di cassazione, con la sentenza n. 677 del 2008, ha già dichiarato manifestamente infondata la medesima questione. In quest’ultima decisione, prosegue ancora il Presidente del Consiglio dei ministri, i giudici di legittimità hanno affermato che «emerge con chiarezza che il legislatore nazionale è restato entro i limiti consentitigli dalla Convenzione europea», non essendovi alcun elemento che induca a ritenere la disposizione nazionale come esclusivamente diretta ad influire sulla soluzione delle controversie in corso, rivelandosi piuttosto l’esigenza di «armonizzare situazioni lavorative differenziate all’origine ma bisognose di regole unitarie, una volta determinatasi la confluenza dei lavoratori in un unico comparto, in conformità, del resto, al principio di parità di trattamento di situazioni analoghe nella disciplina dei rapporti di lavoro pubblico, dove tale principio ha un notevole rilievo teorico e pratico». In altri termini, secondo la Corte di cassazione, con la norma in esame il legislatore avrebbe provveduto a «governare una operazione di riassetto organizzativo di ampia portata» così da far ritenere «palesemente ravvisabili, nel caso di specie, le pressanti ragioni di interesse generale che abilitano, secondo la Corte europea, anche interventi retroattivi, tanto più quando questi non comportino vanificazione pressoché totale di crediti già sorti ma implichino una rimodulazione del diritto in una delle direzioni in astratto plausibili anche secondo la legge precedente».
Sulla base di tali indicazioni la difesa erariale puntualizza che, nel caso in esame, non può ritenersi violato il divieto di ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la conclusione giudiziaria della controversia desumibile dalla sentenza cosiddetta Scordino, poiché «scopo dell’intervento legislativo non era affatto, in via primaria, […] quello di influenzare l’esito di una controversia, bensì quello […] di regolamentare una volta per tutte, esprimendo quale fosse l’originario ed autentico intento del legislatore, una complessa vicenda di passaggio di personale dagli enti locali allo Stato». Tale scopo è stato perseguito – ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato – mediante una legge interpretativa, con cui si è puntualizzato quale fosse il reale significato da attribuire all’art. 8, comma 2, della legge n. 124 del 1999, in linea con l’orientamento espresso dalle parti sociali nell’accordo del 20 luglio 2000 oltre che da parte della giurisprudenza. La difesa erariale sottolinea, altresì, come nella specie siano ravvisabili le ragioni di interesse generale corrispondenti all’esigenza di assicurare che il trasferimento del personale ATA dipendente degli enti locali nei ruoli dello Stato, pur avvenendo senza maggiori oneri per le finanze dello Stato, consenta il mantenimento delle posizioni giuridiche spettanti al personale nell’ambito dell’ordinamento degli enti locali, salvaguardando il livello retributivo del dipendente. Infatti, proprio in considerazione della diversa struttura della retribuzione, l’una, quella di provenienza, calcolata in base alle funzioni e ai compiti realmente svolti, l’altra, quella di destinazione, commisurata in base all’anzianità di servizio, occorreva prevedere una precisa regolamentazione idonea a garantire, senza maggiori oneri per lo Stato, uniformità di trattamento.
5. – In prossimità dell’udienza pubblica sia la parte privata che l’Avvocatura dello Stato hanno depositato memorie, rispettivamente in data 12 ottobre 2009 e 13 ottobre 2009, confermando le conclusioni già formulate, e ribadendo le argomentazioni svolte a sostegno delle proprie ragioni.
6. – Analoghe questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005 sono state sollevate, con cinque distinte ordinanze (reg. ord. nn. 15, 16, 17, 18 e 19 del 2009), di identico contenuto, adottate il 26 settembre 2008 dalla Corte d’appello di Ancona, per la trattazione delle quali la Corte è stata convocata in camera di consiglio.
Il giudice rimettente premette, in fatto, che il Tribunale di Ascoli Piceno aveva respinto la domanda di alcuni dipendenti di un ente locale, transitati nei ruoli dell’amministrazione dello Stato ex art. 8 della legge n. 124 del 1999, di riconoscimento del diritto alla attribuzione della anzianità prestata presso l’ente locale di provenienza, ai fini della progressione economica e stipendiale nel comparto scuola, e di corresponsione delle relative differenze economiche. Avverso tale sentenza i dipendenti proponevano appello dinanzi all’odierno rimettente, censurando l’interpretazione data dal giudice di primo grado alla norma predetta nonché agli accordi sindacali ed ai decreti ministeriali successivamente intervenuti in materia ed insistendo per l’accoglimento della domanda. L’amministrazione appellata invocava l’applicazione dell’art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005, di interpretazione autentica dell’art. 8 della legge n. 124 del 1999, e richiamava la pronunzia della Corte costituzionale n. 234 del 2007 che aveva respinto l’eccezione di illegittimità costituzionale della citata norma, mentre le parti appellanti prospettavano questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005, sotto il profilo del contrasto con l’art. 6 della CEDU.
Il rimettente, pronunciandosi sulla prospettata questione ed argomentatane la rilevanza, osserva che il dubbio di contrasto della norma denunciata con la Costituzione deriva dal rilievo che l’art. 117, primo comma, Cost. impone allo Stato legislatore il rispetto dell’obbligo internazionale assunto con la sottoscrizione e ratifica della CEDU, il cui art. 6, comma 1, prescrive il diritto di ogni persona ad un giusto processo dinanzi ad un giudice indipendente ed imparziale, con conseguente obbligo del potere legislativo di non ingerirsi nella amministrazione della giustizia per influire sull’esito di una controversia o di una categoria di esse.
Il rimettente ricorda che l’art. 6, comma 1, della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Scordino c. Italia n. 36813/1997, nel prescrivere il diritto al giusto processo, se da un lato non assicura nel processo civile l’immutabilità della norma da applicare per tutti i procedimenti in corso, obbliga dall’altro lo Stato a non esercitare un’ingerenza normativa finalizzata ad ottenere una determinata soluzione delle controversie in corso, salvo che l’intervento retroattivo sia giustificato da «motivi imperiosi di carattere generale».
7. – Anche in questi giudizi, con atto depositato il 23 febbraio 2009, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
La difesa erariale, ricordando che analoga questione è stata sollevata dalla Corte di cassazione, fa integrale richiamo alle argomentazioni svolte nell’atto di intervento già spiegato in quella sede, atte a confutare la fondatezza della questione di legittimità costituzionale anche nel caso in esame. Aggiunge, inoltre, che la medesima norma di legge è stata già oggetto di controllo di costituzionalità per diverse, ma connesse motivazioni (sentenza n. 234 del 2007 ed ordinanza n. 400 del 2007) e che la stessa Corte di cassazione, con la sentenza n. 677 del 2008, ha dichiarato manifestamente infondata la medesima questione. In quest’ultima sentenza, ribadisce ancora il Presidente del Consiglio dei ministri, la Corte ha affermato come non risulti alcun elemento che induca a ritenere la disposizione nazionale come esclusivamente diretta ad influire sulla soluzione delle controversie in corso, rivelandosi piuttosto l’esigenza di armonizzare situazioni lavorative differenziate all’origine, ma bisognose di regole unitarie.
Considerato in diritto
1. – Vengono all’esame della Corte più ordinanze di rimessione – la prima trattata all’udienza pubblica del 3 novembre 2009 e le altre nella camera di consiglio del successivo 4 novembre – con le quali la Corte di cassazione (r.o. n. 400 del 2008) e la Corte di appello di Ancona (r.o. nn. 15, 16, 17, 18 e 19 del 2009) hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006).
1.1. – In virtù dell’identità delle questioni sollevate va disposta la riunione dei giudizi, ai fini di un’unica pronuncia.
2. – La norma censurata interpreta l’art. 8, comma 2, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), che, nel disciplinare il trasferimento di dipendenti di enti locali nei ruoli statali del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) del settore scuola, ne prevedeva l’inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti, consentendo l’opzione per l’ente di appartenenza, qualora le qualifiche e i profili non avessero trovato corrispondenza. La norma aveva stabilito – questo è il punto controverso – che a detto personale è riconosciuta «ai fini giuridici ed economici l’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza». Successivamente, un accordo tra l’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) e le organizzazioni sindacali, recepito da uno dei decreti ministeriali di attuazione della legge n. 124 del 1999 (decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri dell’interno, del bilancio e della funzione pubblica del 5 aprile 2001), ai fini del primo inquadramento, aveva considerato il principio del maturato economico in luogo di quello della complessiva anzianità conseguita. Sul tema si era aperto un diffuso contenzioso e la stessa Corte di cassazione aveva in più occasioni negato che il diritto al riconoscimento dell’anzianità «ai fini giuridici ed economici» attribuito dalla legge n. 124 del 1999 potesse essere ridotto a quello del maturato economico da una disciplina di rango inferiore.
È su questo specifico quadro normativo e giurisprudenziale che ha inteso intervenire il legislatore con la norma interpretativa qui censurata. Tale disposizione, infatti, allo scopo di ribadire con legge ordinaria quanto già prefigurato dal decreto ministeriale sulla base della posizione espressa dalle organizzazioni sindacali, stabilisce: «il comma 2 dell’articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, con l’attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità nonché da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell’inquadramento. L’eventuale differenza tra l’importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. È fatta salva l’esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge».
3. – La Corte di cassazione, e così anche gli altri giudici rimettenti, dubitano della legittimità costituzionale della disposizione di legge interpretativa, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (infra, anche CEDU o Convenzione europea).
Tale norma internazionale, che sancisce il principio del diritto ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, imporrebbe al legislatore di uno Stato contraente, nell’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, di non interferire nell’amministrazione della giustizia allo scopo d’influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie, attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per lo Stato parte del procedimento, salvo il caso di «ragioni imperative d’interesse generale».
Ad avviso dei rimettenti, il legislatore nazionale avrebbe emanato una norma interpretativa in presenza di un notevole contenzioso e di un orientamento della Corte di cassazione sfavorevole allo Stato, in tal modo violando il principio di «parità delle armi», non essendo l’invocata esigenza di «governare una operazione di riassetto organizzativo» del settore interessato dell’amministrazione pubblica sufficiente ad integrare quelle «ragioni imperative d’interesse generale» che permetterebbero di escludere la violazione del divieto d’ingerenza.
4. – Le questioni vanno esaminate entro i limiti del thema decidendum individuato dalle ordinanze di rimessione, non potendo essere prese in considerazione, secondo la giurisprudenza di questa Corte, le censure svolte solo dalle parti del giudizio principale (per tutte, sentenze n. 310 e n. 234 del 2006, n. 349 del 2007).
Sono pertanto inammissibili le questioni sollevate dalla parte privata costituitasi nel giudizio di cui all’ordinanza n. 400 del 2008, con riferimento agli artt. 10 e 111 Cost., parametri non invocati dai giudici rimettenti.
5. – Nel merito la questione non è fondata.
6. – Il contenuto delle censure impone, in linea preliminare, di ricordare quale sia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il rango e l’efficacia delle norme della CEDU ed il ruolo, rispettivamente, dei giudici nazionali e della Corte di Strasburgo, nell’interpretazione ed applicazione della Convenzione europea.
Siffatta questione è stata affrontata e decisa, di recente, dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, le quali hanno rilevato che l’art. 117, primo comma, Cost., ed in particolare l’espressione “obblighi internazionali” in esso contenuta, si riferisce alle norme internazionali convenzionali anche diverse da quelle comprese nella previsione degli artt. 10 e 11 Cost. Così interpretato, l’art. 117, primo comma, Cost., ha colmato la lacuna prima esistente quanto alle norme che a livello costituzionale garantiscono l’osservanza degli obblighi internazionali pattizi. La conseguenza è che il contrasto di una norma nazionale con una norma convenzionale, in particolare della CEDU, si traduce in una violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.
Questa Corte ha, inoltre, precisato nelle predette pronunce che al giudice nazionale, in quanto giudice comune della Convenzione, spetta il compito di applicare le relative norme, nell’interpretazione offertane dalla Corte di Strasburgo, alla quale questa competenza è stata espressamente attribuita dagli Stati contraenti.
Nel caso in cui si profili un contrasto tra una norma interna e una norma della Convenzione europea, il giudice nazionale comune deve, pertanto, procedere ad una interpretazione della prima conforme a quella convenzionale, fino a dove ciò sia consentito dal testo delle disposizioni a confronto e avvalendosi di tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica. Beninteso, l’apprezzamento della giurisprudenza europea consolidatasi sulla norma conferente va operato in modo da rispettare la sostanza di quella giurisprudenza, secondo un criterio già adottato dal giudice comune e dalla Corte europea (Cass. 20 maggio 2009, n. 10415; Corte eur. dir. uomo 31 marzo 2009, Simaldone c. Italia, ric. n. 22644/03).
Solo quando ritiene che non sia possibile comporre il contrasto in via interpretativa, il giudice comune, il quale non può procedere all’applicazione della norma della CEDU (allo stato, a differenza di quella comunitaria provvista di effetto diretto) in luogo di quella interna contrastante, tanto meno fare applicazione di una norma interna che egli stesso abbia ritenuto in contrasto con la CEDU, e pertanto con la Costituzione, deve sollevare la questione di costituzionalità (anche sentenza n. 239 del 2009), con riferimento al parametro dell’art. 117, primo comma, Cost., ovvero anche dell’art. 10, primo comma, Cost., ove si tratti di una norma convenzionale ricognitiva di una norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta. La clausola del necessario rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, dettata dall’art. 117, primo comma, Cost., attraverso un meccanismo di rinvio mobile del diritto interno alle norme internazionali pattizie di volta in volta rilevanti, impone infatti il controllo di costituzionalità, qualora il giudice comune ritenga lo strumento dell’interpretazione insufficiente ad eliminare il contrasto.
Sollevata la questione di legittimità costituzionale, spetta a questa Corte il compito anzitutto di verificare che il contrasto sussista e che sia effettivamente insanabile attraverso una interpretazione plausibile, anche sistematica, della norma interna rispetto alla norma convenzionale, nella lettura datane dalla Corte di Strasburgo. La Corte dovrà anche, ovviamente, verificare che il contrasto sia determinato da un tasso di tutela della norma nazionale inferiore a quello garantito dalla norma CEDU, dal momento che la diversa ipotesi è considerata espressamente compatibile dalla stessa Convenzione europea all’art. 53.
In caso di contrasto, dovrà essere dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione interna per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla invocata norma della CEDU.
Questa Corte ha anche affermato, e qui intende ribadirlo, che ad essa è precluso di sindacare l’interpretazione della Convenzione europea fornita dalla Corte di Strasburgo, cui tale funzione è stata attribuita dal nostro Paese senza apporre riserve; ma alla Corte costituzionale compete, questo sì, di verificare se la norma della CEDU, nell’interpretazione data dalla Corte europea, non si ponga in conflitto con altre norme conferenti della nostra Costituzione. Il verificarsi di tale ipotesi, pure eccezionale, esclude l’operatività del rinvio alla norma internazionale e, dunque, la sua idoneità ad integrare il parametro dell’art. 117, primo comma, Cost.; e, non potendosi evidentemente incidere sulla sua legittimità, comporta – allo stato – l’illegittimità, per quanto di ragione, della legge di adattamento (sentenze n. 348 e n. 349 del 2007).
7. – Posta questa premessa, occorre individuare la natura, la portata e gli obiettivi perseguiti dalla norma censurata, tenendo conto che la disciplina del trasferimento del personale ATA di cui alla legge n. 124 del 1999 e la norma che ha interpretato la disposizione qui rilevante hanno già formato oggetto di scrutinio da parte di questa Corte, sia pure in relazione a parametri costituzionali diversi dall’art. 117, primo comma, Cost., qui invocato. La sentenza n. 234 del 2007 e le ordinanze n. 400 del 2007 e n. 212 del 2008 hanno, rispettivamente, dichiarato non fondate e manifestamente infondate le questioni di costituzionalità della predetta norma interpretativa sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 36, 42, 97, 101, 102, 103, 104 e 113 Cost.
Per quanto qui interessa, la disciplina dettata dall’art. 8, comma 2, della legge n. 124 del 1999, è stata ricondotta all’esigenza di armonizzare, con una normativa transitoria di primo inquadramento, «il passaggio del personale in questione da un sistema retributivo disciplinato a regime ad un altro sistema retributivo ugualmente disciplinato a regime, salvaguardando, proprio per quanto attiene al profilo economico, i livelli retributivi maturati e attribuendo agli interessati, a partire dal nuovo inquadramento, i diritti riconosciuti al personale ATA statale. Tutto ciò allo scopo di rendere, almeno tendenzialmente, omogeneo il sistema retributivo di tutti i dipendenti ATA, al di là delle rispettive provenienze e, comunque, salvaguardando il diritto di opzione per l’ente di appartenenza nel caso di mancata corrispondenza di qualifiche e profili» (sentenza n. 234 del 2007).
In tale contesto, secondo questa Corte, l’inquadramento stipendiale nei ruoli statali del personale ATA, in ragione del solo cosiddetto maturato economico, costituiva una delle possibili e plausibili varianti di lettura della norma, avallata, tra l’altro, in sede di accordo siglato tra l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e i rappresentanti delle organizzazioni e confederazioni dei dipendenti. Ciò, in particolare, considerando che tale principio era stato introdotto, con valenza generale, già dalla legge 11 luglio 1980, n. 312, recante «Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato».
Le pronunce sopra richiamate hanno escluso la sussistenza di un legittimo affidamento con riferimento al trattamento retributivo derivante dalla valutazione, ai fini giuridici ed economici, dell’intera anzianità maturata presso gli enti di provenienza, in considerazione sia del tipo di interpretazione adottata in sede di contrattazione collettiva, pressoché contestualmente all’entrata in vigore della citata legge, sia del richiamo, espresso, al principio dell’invarianza della spesa in sede di primo inquadramento del personale proveniente dagli enti locali.
Questa Corte ha dunque negato, come anche in precedenti più remoti (sentenze n. 618 del 1987 e n. 296 del 1984), che si potesse postulare l’illegittimità di qualsiasi regolamentazione transitoria che non si limitasse «alla conservazione del trattamento precedente “ad esaurimento” o alla pura e semplice applicazione illimitatamente retroattiva del trattamento nuovo: soluzioni, certo, possibili, ma non imposte dal precetto costituzionale in argomento».
Infine, la sentenza n. 234 del 2007 ha anche escluso che la disposizione interpretativa censurata desse luogo ad una disparità di trattamento fra coloro che, all’entrata in vigore della norma, avessero già ottenuto un giudicato favorevole rispetto alla disciplina applicabile e coloro che fossero soltanto in attesa della formazione del giudicato sulla loro pretesa.
8. – Occorre ora verificare in che modo la Corte europea abbia applicato l’art. 6 della CEDU, in relazione alle norme nazionali interpretative concernenti disposizioni oggetto di procedimenti nei quali è parte lo Stato.
I rimettenti ricordano, fra l’altro, la decisione relativa al caso Scanner de L’Ouest Lyonnais e altri c. Francia, del 21 giugno del 2007. In tale occasione la Corte europea ha ribadito che, mentre, in linea di principio, al legislatore non è precluso intervenire in materia civile, con nuove disposizioni retroattive, su diritti sorti in base alle leggi vigenti, il principio dello Stato di diritto e la nozione di processo equo sancito dall’articolo 6 della CEDU vietano l’interferenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia destinata a influenzare l’esito della controversia, fatta eccezione che per motivi imperativi di interesse generale («impérieux motifs d’intérét général»). La stessa Corte europea ha ricordato, inoltre, che il requisito della parità delle armi comporta l’obbligo di dare alle parti una ragionevole possibilità di perseguire le proprie azioni giudiziarie, senza essere poste in condizione di sostanziale svantaggio rispetto agli avversari.
Tale orientamento, che trova i suoi precedenti nei casi Raffineries Grecques Stran e Stratis Andreadis c. Grecia del 9 dicembre 1994, e Zielinski e altri c. Francia, del 28 ottobre 1999, censura la prassi di interventi legislativi sopravvenuti, che modifichino retroattivamente in senso sfavorevole per gli interessati le disposizioni di legge attributive di diritti, la cui lesione abbia dato luogo ad azioni giudiziarie ancora pendenti all’epoca della modifica.
Questa prassi può essere suscettibile di comportare una violazione dell’art. 6 della CEDU, risolvendosi in un’indebita ingerenza del potere legislativo sull’amministrazione della giustizia. Nel caso Zielinski e altri c. Francia, in particolare (come prima nel caso Papageorgiou c. Grecia, sentenza del 22 ottobre 1997), si è riaffermato il principio che nega ogni indebita interferenza del legislatore, fatta salva la sussistenza di «motivi imperativi di interesse generale». La Corte europea, tuttavia, ha precisato che siffatti motivi non ricorrevano nella specie, in quanto il mero rischio finanziario, denunciato dal Governo ed espressamente indicato dalla Corte costituzionale, non consentiva di per sé che il legislatore si sostituisse alle parti sociali del contratto collettivo, oggetto del contenzioso. La Corte, quindi, verificata la sussistenza di orientamenti giurisprudenziali favorevoli ai ricorrenti, ha censurato la norma interpretativa che era sopravvenuta retroattivamente, nonostante gli accordi collettivi intervenuti in senso contrario.
Ciò posto, occorre rilevare che la Corte di Strasburgo non ha inteso enunciare un divieto assoluto d’ingerenza del legislatore, dal momento che in varie occasioni ha ritenuto non contrari all’art. 6 della Convenzione europea particolari interventi retroattivi dei legislatori nazionali.
La legittimità di simili interventi è stata riconosciuta, in primo luogo, allorché ricorrevano ragioni storiche epocali, come nel caso della riunificazione tedesca (caso Forrer-Niederthal c. Germania, sentenza del 20 febbraio 2003).
In questo caso, la Corte europea, di fronte ad una norma che faceva salvi con effetto retroattivo i trasferimenti di proprietà, senza indennizzo, in «proprietà del popolo» della ex D.D.R., ha concluso per la compatibilità dell’intervento con la norma convenzionale; ciò non soltanto per il motivo “epocale” del nuovo riassetto dei conflitti patrimoniali conseguenti alla riunificazione, ma anche in considerazione della sussistenza effettiva di un sistema che aveva garantito alle parti, che contestavano le modalità del riassetto, l’accesso a, e lo svolgimento di, un processo equo e garantito. In particolare, a seguito della denuncia di incostituzionalità della norma, il Tribunale costituzionale tedesco si era pronunciato nel senso della compatibilità della disposizione in questione con la Legge Fondamentale. Tale specifica evenienza, che mostra un’innegabile analogia con la vicenda oggi qui in esame, è stata considerata come «punto chiave della controversia». La Corte europea ha riconosciuto che il ricorrente aveva avuto accesso a tribunali indipendenti avvicendatisi nei vari gradi, e soprattutto all’organo di giustizia costituzionale, sicchè ha osservato che «nel suo complesso», il procedimento in questione aveva rivestito i caratteri di equità, conformi al dettato dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU.
In altri casi, nel definire e verificare la sussistenza o meno dei motivi imperativi d’interesse generale, la Corte di Strasburgo ha ritenuto legittimo l’intervento del legislatore che, per porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata, aveva inteso con la legge retroattiva ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore.
Si tratta, in primo luogo, della sentenza 23 ottobre 1997, nel caso National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito (utilizzata mutatis mutandis anche nella citata pronuncia Forrer-Niederthal c. Germania), nella quale è stato ritenuto che l’adozione di una disposizione interpretativa può essere considerata giustificata allorché lo Stato, nella logica di interesse generale di garantire il pagamento delle imposte, abbia inteso porre rimedio al rischio che l’intenzione originaria del legislatore fosse, in quel caso, sovvertita da disposizioni fissate in circolari.
Nello stesso solco si pone la sentenza del 27 maggio 2004, Ogis-institut Stanislas, Ogec St. Pie X e Blanche De Castille e altri c. Francia, in cui le circostanze del caso di specie non erano identiche a quelle del caso Zielinski del 1999. La pronuncia ha affermato che l’intervento del legislatore non aveva inteso sostenere la posizione assunta dall’amministrazione dinanzi ai giudici, ma porre rimedio ad un errore tecnico di diritto, al fine di garantire la conformità all’intenzione originaria del legislatore, nel rispetto di un principio di perequazione.
Il caso viene, quindi, assimilato a quello National & Provincial Building Society del 1997, dove l’intervento del legislatore era giustificato dall’obiettivo finale di «riaffermare l’intento originale del Parlamento». La Corte ha ritenuto che la finalità dell’intervento legislativo fosse quindi quella di garantire la conformità all’intenzione originaria del legislatore a sostegno di un principio di perequazione, aggiungendo che gli attori non avrebbero potuto validamente invocare un “diritto” tecnicamente errato o carente, e dolersi quindi dell’intervento del legislatore teso a chiarire i requisiti ed i limiti che la legge interpretata contemplava.
9. – In considerazione dei principi enunciati dalla Corte europea, nonché della ricostruzione della portata e degli obiettivi della norma qui censurata, già operata da questa Corte con la citata sentenza n. 234 del 2007, il contrasto denunciato dalla Corte di cassazione e dagli altri giudici rimettenti non sussiste.
Deve infatti escludersi l’esistenza di un principio secondo cui la necessaria incidenza delle norme retroattive sui procedimenti in corso si porrebbe automaticamente in contrasto con la Convenzione europea, come peraltro riconosciuto da una parte della giurisprudenza di legittimità (Cass. 16 gennaio 2008 n. 677). Dal confronto fra i principi espressi dalla Corte europea e le condizioni e finalità dell’art. 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005, emerge come il legislatore nazionale non abbia travalicato i limiti fissati dalla Convenzione europea. La vicenda normativa in esame non solo non determina una reformatio in malam partem di una situazione patrimoniale in precedenza acquisita, dal momento che i livelli retributivi già raggiunti vengono oggettivamente salvaguardati, ma si dimostra coerente con l’esigenza di armonizzare situazioni lavorative tra loro differenziate all’origine, conformemente al principio di parità di trattamento di situazioni analoghe nella disciplina dei rapporti di lavoro pubblico.
Va dunque ribadito che la legge n. 124 del 1999 ha inteso governare una particolare operazione di riassetto organizzativo riguardante un ampio numero di soggetti. La disposizione di legge censurata ha contribuito a soddisfare l’indiscutibile interesse generale a rendere tendenzialmente omogeneo il sistema retributivo di tutti i dipendenti del ruolo statale, al di là delle rispettive provenienze, impedendo che una diversa interpretazione potesse determinare, non solo una smentita dell’originario principio di “invarianza della spesa”, ma anche e soprattutto un assetto che rischiava, esso sì irragionevolmente, di creare un potenziale vulnus al principio di parità di trattamento, che le amministrazioni pubbliche devono garantire. In tal modo, nella specie ricorrono più di una tra quelle «ragioni imperative di interesse generale» che consentono, nel rispetto dell’art. 6 della Convenzione europea e nei limiti evidenziati dalla Corte di Strasburgo, interventi interpretativi e retroattivi.
In primo luogo, emerge nella norma censurata l’esigenza di “ristabilire” una delle possibili direzioni dell’originaria intenzione del legislatore. Tale direzione aveva determinato l’interpretazione ad essa conforme delle parti sociali, negli accordi stipulati per il primo inquadramento (al contrario di quanto accaduto nel caso Zielinski), poi recepita dalle norme di attuazione fin da tale fase, sia pure nella forma del decreto ministeriale poi ritenuta inadeguata da una parte della giurisprudenza.
In secondo luogo, può ricordarsi come l’intervento del legislatore non abbia vanificato del tutto i diritti sorti ed acquisiti sulla base della legge interpretata, restando intatti quelli al trattamento migliore conseguito dopo l’inquadramento nel nuovo ruolo, mediante la conservazione di un assegno personale.
Inoltre, risulta evidente soprattutto la conformità di tale interpretazione con la finalità di garantire una generale perequazione di tutti i lavoratori del comparto scuola, come peraltro già ritenuto da questa Corte nella più volte ricordata sentenza n. 234 del 2007, nel senso di garantire che a tutti i dipendenti di quel ruolo sia attribuita una medesima progressione retributiva, al di là delle rispettive provenienze.
Pertanto, assume rilievo la sussistenza di una “imperfezione” tecnica, nel contesto normativo originario, consistente nel ritenere comunque delegabile all’autonomia delle parti e ad una disciplina regolamentare la fissazione di un criterio rispettoso del principio dell’invarianza di spesa, in aderenza all’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), delega poi ritenuta insussistente dalla giurisprudenza di legittimità.
Non solo, ma, a conforto della ritenuta sussistenza di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, il “diritto vivente” nel 2005 non poteva ritenersi formato sul punto, giacché la questione vedeva fronteggiarsi alcune pronunce di legittimità, assunte a sezioni semplici, che avevano ricostruito il fenomeno nel senso della necessità di atti di inquadramento rispettosi dei principi dettati dall’art. 2112 del codice civile, con altre pronunce che risolvevano la questione sul piano dell’efficacia normativa o meno dell’accordo del 20 luglio 2000, recepito nel successivo, già citato, decreto ministeriale del 5 aprile 2001.
Da ultimo, ed in piena coerenza con la giurisprudenza europea prima ricordata (Forrer-Niederthal c. Germania), risulta determinante il fatto che il procedimento relativo alla vicenda del trasferimento dei dipendenti ATA abbia avuto la garanzia di un processo equo, anche attraverso l’incidente di costituzionalità conclusosi con una dichiarazione di infondatezza della questione, rispetto a parametri costituzionali coerenti con la norma convenzionale, pienamente compatibile, così interpretata, con il quadro costituzionale italiano.
In definitiva, in aderenza con la ricostruzione normativa già operata da questa Corte in altre occasioni, risulta con chiarezza la compatibilità della norma interpretativa censurata con la giurisprudenza qui rilevante della Corte di Strasburgo, in particolare relativa ai casi Forrer-Niederthal c. Germania, Ogis-institut Stanislas, Ogec St. Pie X e Blanche De Castille e altri c. Francia e National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito.
Nell’intervento retroattivo in questione è dato, infatti, riscontrare gli elementi valorizzati dalla Corte europea per ritenere ammissibili le disposizioni interpretative, tenendo conto che i principi in materia richiamati dalla giurisprudenza di quest’ultima costituiscono espressione di quegli stessi principi di uguaglianza, in particolare sotto il profilo della parità delle armi nel processo, ragionevolezza, tutela del legittimo affidamento e della certezza delle situazioni giuridiche, che questa Corte ha escluso siano stati vulnerati dalla norma qui censurata.
Peraltro, fare salvi i «motivi imperativi d’interesse generale» che suggeriscono al legislatore nazionale interventi interpretativi nelle situazioni che qui rilevano non può non lasciare ai singoli Stati contraenti quanto meno una parte del compito e dell’onere di identificarli, in quanto nella posizione migliore per assolverlo, trattandosi, tra l’altro, degli interessi che sono alla base dell’esercizio del potere legislativo. Le decisioni in questo campo implicano, infatti, una valutazione sistematica di profili costituzionali, politici, economici, amministrativi e sociali che la Convenzione europea lascia alla competenza degli Stati contraenti, come è stato riconosciuto, ad esempio, con la formula del margine di apprezzamento, nel caso di elaborazione di politiche in materia fiscale, salva la ragionevolezza delle soluzioni normative adottate (come nella sentenza National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito, del 23 ottobre 1997).
10.–
In conclusione, il denunciato contrasto fra la norma impugnata e l’art. 6 della CEDU, quindi la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., non sussiste.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate
le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006), sollevate, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, ed all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Corte di cassazione e dalla Corte di appello di Ancona con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre
2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2009.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA